venerdì 24 ottobre 2008

Gli americani al voto

L’elettorato americano è più dinamico e meno statico rispetto a quello europeo, anche se l’orientamento politico che ispira le scelte elettorali è molto radicato. Il sistema politico bipartitico nasconde alcuni movimenti più articolati che avvengono nel profondo della società americana e che sono decisivi per le vittorie elettorali

DEMOCRATICI, REPUBBLICANI E INDIPENDENTI

I cittadini americani si confrontano con un sistema politico basato su due grandi partiti, il cui ruolo è stato rafforzato dal presidenzialismo e dal sistema elettorale maggioritario, caratteristiche che si ritrovano tanto sul piano federale che su quello statale. 29 Stati effettuano la registrazione al voto per via partitica, così che gli elettori sono chiamati a scegliere per quale partito registrarsi. Con gli ultimi dati disponibili, in 15 Stati i Democratici sono il partito con il maggior numero di elettori registrati, in 6 prevalgono i Repubblicani e in 8 i non affiliati, o indipendenti. La registrazione partitica non è comunque sinonimo di predominio politico: in alcuni Stati del Sud o dell’area dell’Appalachia i Democratici sono ancora il partito di riferimento a livello locale, ma nelle elezioni federali molti elettori democratici di orientamento moderato e conservatore preferiscono votare per i Repubblicani, partito più vicino sul piano ideologico. Gli indipendenti o non affiliati sono invece maggioritari negli Stati del Nord Est, anche grazie all’abbandono del partito repubblicano, in passato dominatore del New England, ormai minoritario nella zona più ricca del Paese a causa della sua svolta conservatrice avvenuta negli ultimi decenni. Nei sondaggi è richiesta agli elettori di dichiarare la propria identificazione politica. Benchè i dati mutino nelle diverse consultazioni, i Democratici sono il partito tendenzialmente maggioritario in termini di partecipazione al voto, un fatto che però non decide il risultato elettorale. Nel trionfo di Reagan del 1984, i Democratici erano pari a quasi al 40% dell’elettorato, ma ben un terzo dei votanti che si identificavano col partito d’opposizione preferì votare per il presidente repubblicano. Oltre alla mobilità degli elettori che si identificano con uno dei due partiti, più alta di quanto si possa pensare, le consultazioni sono decise dall’orientamento degli indipendenti. Questo segmento di voto è considerato tradizionalmente il centro della politica americana, anche se è difficile trovare una caratteristica omogenea per chi non si dichiara affiliato a uno dei due partiti. Se una linea di identificazione si può tracciare, l’elettorato indipendente è tendenzialmente più vicino ai repubblicani sulle questioni economiche, mentre è più sensibile alle tesi dei democratici su quelle sociali.

CONSERVATORI, LIBERAL E MODERATI

Per capire l’orientamento politico dei cittadini americani, spesso gli scienziati sociali preferiscono interrogarli sul loro posizionamento ideologico. Il gruppo politicamente più numeroso è composto da chi si dichiara moderato, mentre i conservatori sono ben più numerosi dei liberal. Siccome la definizione di moderato è troppo vaga, è utile ricorrere alla matrice creata da Maddox e Lilie nel loro fortunato saggio “Beyond Liberal and Conservative”(Oltre la Destra e la Sinistra), che suddivide l’elettorato americano in quattro categorie. Ai due opposti della matrice si trovano la definizione di liberal, ovvero chi reputa opportuno l’intervento dello Stato nell’economia ma non nella vita privata dei cittadini, e di conservatore, che pensano invece di lasciare libera l’interazione economica delle persone ma vogliono tutelare i valori e le tradizioni con l’ intervento pubblico. Tra queste due polarità si situano i populisti, ovvero progressisti in economia ma conservatori sui temi sociali, e i libertari, gli elettori che negano l’intervento dello Stato tanto in materia economica quanto in quella sociali. Attraverso la matrice di Maddox e Lilie si nota come l’elettorato americano sia poco definibile nel classico schema destra/sinistra, perché se i conservatori sono il gruppo dominante, essi rappresentano poco più di un quarto della società americana, mentre i liberal sono circa un quinto. I populisti e i libertari tendono a preferire gli uni i Democratici e i secondi i Repubblicani, ma le loro scelte sono difficili da prevedere e da influenzare per i due partiti. Siccome l’elettorato che non si identifica nella classica dicotomia Destra/Sinistra è vasto e vuole politiche opposte tra loro, la corsa al centro in America è praticamente impossibile. Guardando gli exit poll delle elezioni presidenziali del 2004, si nota come tra i sostenitori del matrimonio gay ben il 22% votò Bush, mentre il 30% degli elettori di Kerry si considerava liberista in materia economica, opposto quindi alle tesi liberal in questo settore.

MAPPA E PARTITI A MATRICE

La suddivisione in conservatori, liberal, libertari e populisti è utile per capire la mappa elettorale degli Stati Uniti. I conservatori dominano il Sud, mentre i liberal sono molto numerosi sulle coste dell’Atlantico e del Pacifico. Il populismo, inteso nella versione americana, rende incerto il Midwest, mentre lo spirito del West si rispecchia nell’attitudine antistatalista dei libertari, un elettorato quasi del tutto assente in Europa. Nel 2004 Bush vinse l’elezioni grazie alla massiccia mobilitazione dei conservatori, ma anche acquisendo parte di quell’elettorato populista dell’Appalachia e del Midwest che solo Bill Clinton era riuscito a recuperare in toto alla causa democratica in occasione delle ultime presidenziali. John Kerry riuscì, forse più per opposizione a Bush che per meriti propri, ad attrarre una quota importante, specie nella fascia giovanile, dell’elettorato libertario, che col compatto sostegno al figlio del presidente che loro stessi avevano tradito nel 1992 costrinse Al Gore alla più imprevedibile delle sconfitte. La composizione articolata dell’elettorato americano permette di capire la tendenza politica delle regioni statunitensi, ma costringe i due partiti principali a trovare sintesi a spinte e desideri politici spesso antitetici tra loro. Le coalizioni sociali che sostengono i due partiti sono così vaste che spesso la loro complessità è causa della disarticolazione che le ha sempre contraddistinte. Negli anni ’60 i liberal persero la maggioranza dell’America quando l’elettorato conservatore e soprattutto quello populista smise di credere ai benefici e all’estensione del Welfare State, mentre ora i Repubblicani soffrono dell’antipatia dei libertari, delusi dalle inefficienze e dagli scandali dell’attuale Amministrazione, e del distacco dei cittadini culturalmente conservatori ma lontani dalla retorica anti Stato che ha contraddistinto il Gop negli ultimi 20/30 anni.

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