L’attenzione del mondo è concentrata sulla sfida tra Obama e McCain, ma il 4 novembre gli americani voteranno anche per il rinnovo della Camera dei Rappresentanti e del Senato. I Democratici sono avviati a ad incrementare la propria maggioranza al Congresso grazie all’effetto della crisi economica, una realtà che influenzerà l’operato del nuovo Presidente.
IL RUOLO DEL CONGRESSO
Ogni 2 anni la Camera dei Rappresentanti e il Senato si rinnovano. I 435 seggi della House e un terzo del Senato, che si compone di 100 membri suddivisi pariteticamente per i 50 Stati, sono così sottoposti ad un controllo costante da parte degli elettori americani, che storicamente tendono ad assegnare maggioranze costanti nel tempo alla Camera e più variabili al Senato. I due organismi formano il Congresso, e hanno poteri distinti che possono decidere il corso della Presidenza. Senza l’apporto fondamentale dei democratici conservatori del Sud, la presidenza Reagan non avrebbe mai avuto la possibilità di realizzare la sua rivoluzione liberista. Allo stesso tempo la “Terza Via” di Clinton nacque dopo la Republican Revolution delle Midterm 1994, quando l’Amministrazione democratica si trovò di fronte ad un Congresso dominato dai conservatori per la prima volta in 50 anni. I poteri presidenziali permettono, in primis grazie al veto, di bloccare iniziative contrarie alla volontà dell’Amministrazione, ma non consentono di superare l’opposizione del Congresso nel caso di progetti di legge che non trovano il necessario consenso politico.
CAMERA SICURA PER I DEMS
Negli ultimi 50 anni la House ha cambiato maggioranza solo 2 volte, e ciò è avvenuto sempre nelle elezioni di metà mandato, ovvero quando gli elettori sono chiamati a votare per il Congresso ma non per il Presidente. Nelle scorse Midterm del 2006 i Democratici riuscirono a ottenere un clamoroso +8% grazie ad incrementi molto significativi tra le donne bianche, gli ispanici e gli indipendenti. Il centrosinistra americano è così riuscito dopo 12 anni a riprendere il controllo della Camera, arrivando a disporre di 233 seggi. L’attitudine elettorale degli americani e i sondaggi più recenti indicano una riconferma sicura della maggioranza democratica, che probabilmente aumenterà di una decina di mandati. Nell’ultimo anno le elezioni suppletive svoltesi sono state vinte tutte dai Democratici, che hanno conquistato seggi anche in distretti molto conservatori, come il collegio dell’Illinois di Dennis Hastert, l’ex Speaker repubblicano della Camera. Il 4 novembre una trentina di collegi saranno “open”, una definizione che indica la non ricandidatura del Rappresentante eletto. La maggior parte di questi distretti è controllata dai Repubblicani, e una decina di essi si trovano in zone che abitualmente vedono un leggero predominio dei Democratici alle presidenziali(aree urbane vicino alle metropoli). La maggior parte degli analisti più autorevoli, come Stuart Rothenberg o Larry Sabato, stima che la futura maggioranza democratica sarà attorno ai 250 seggi. Le conseguenze della crisi economica potrebbero aggravare le perdite repubblicane.
ONDA BLU AL SENATO?
La partita più importante si gioca al Senato. I Democratici, che attualmente hanno una maggioranza molto risicata, 51 a 49, grazie anche al supporto di 2 senatori indipendenti, sperano di arrivare a quota 60. Per il particolare regolamento del Senato, avere una maggioranza semplice non basta per superare il potere di blocco della minoranza, applicato tramite il cosiddetto “filibustering”. Il filibustering, o ostruzionismo, può essere anche solo minacciato dal gruppo di opposizione, e può essere superato solo con il consenso dei 3/5 dell’organo, la magica quota 60. Il rinnovo del Senato, che avviene ogni 2 anni, è particolarmente favorevole ai Democratici nel 2008. Sui 35 seggi che andranno ad elezione, ben 23 sono detenuti dai Repubblicani, e si trovano in Stati che denotano una crescente tendenza progressista, come Virginia, Colorado, New Mexico e New Hamphire. I 4 Stati sopracitati eleggeranno probabilmente il candidato dei Dems, così che la previsione minima di maggioranza democratica al Senato si attesta a 55 mandati. La sfida per i seggi attualmente repubblicani del Minnesota e dell’Oregon sarà un testa a testa, mentre grande attenzione sarà concentrata sull’Alaska. Il senatore uscente, il repubblicano Ted Stevens, è stato coinvolto in alcuni scandali finanziari, e i sondaggi sono favorevoli alla sfidante democratico, il sindaco della città più grande dello Stato. La nomina a sorpresa della Palin in coppia con McCain potrebbe aiutare Stevens grazie al probabile incremento del consenso del Gop in Alaska, anche se l’esito dell’elezione sarà deciso dagli sviluppi del processo che coinvolge il senatore. Il controllo del Senato sarà così deciso al Sud. In Louisiana, l’unico seggio democratico potenzialmente a rischio, la candidata democratica sembra favorita per il rinnovo. L’elettorato bianco del Sud, conservatore ma molto sensibile ai temi economici quando vota per il Congresso, denota una crescente diffidenza verso i Repubblicani, partito che ha dominato l’area negli ultimi decenni. In Mississippi, Georgia e North Carolina si svolgono sfide molto equilibrate che potrebbero cambiare il volto del Senato, assegnando una maggioranza incredibile ai Democratici che nel 2004 subirono una netta sconfitta, arrivando ad un minimo di soli 45 seggi. Le difficoltà repubblicane sono rappresentate al meglio dalla corsa per il seggio del Kentucky: il leader di minoranza Mitch McConnell, rischia di perdere il suo posto, un fatto inusuale quando un esponente di primo piano a livello nazionale si ricandida.
CONGRESSO DEMOCRATICO, MA QUALE PRESIDENTE?
La maggioranza dei Democratici al Congresso è al sicuro, ma una svolta progressista per l’America non sarà assicurata senza la vittoria di Obama. Storicamente l’elettorato democratico conta più conservatori rispetto ai liberal che votano per il Gop, ed è questo uno dei motivi per il quale Barack Obama ottiene meno consenso nei sondaggi rispetto al suo partito. Nel caso meno probabile di vittoria di John McCain, gli USA avranno un Congresso con un orientamento politico diverso dall’Amministrazione, una situazione particolarmente ricorrente negli ultimi 50 anni. La maturità del sistema politico americano e della sua classe dirigente ha però sempre risolto in modo convincente questa dicotomia vissuta con molte più difficoltà in Europa.
mercoledì 22 ottobre 2008
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