venerdì 30 maggio 2008

BAROMETRO ELETTORALE

(Barometro Elettorale) EB = NAR + (5*GDP) - 25.

I sondaggi pubblicati a 4 mesi dalle elezioni, prima dello svolgimento delle Convention, hanno un valore relativo. Esiste una lunga teoria di candidati che a giugno erano in posizioni poi ribaltatesi a Novembre. Prevedere un possibile esito delle elezioni è però possibile, con una semplice formula rivelatasi efficace in tutte le elezioni tranne una a partire dal dopoguerra. La formula, rilanciata dal prof. Alan I. Abramowitz, definisce il clima politico Usa alla vigilia della scadenza elettorale e le conseguenti chance del canditato esponente del partito che controlla la Casa Bianca. Il metodo di calcolo dell'EB(Baromentro Elettorale) è molto semplice: l'indice NAR è il tasso di approvazione dell'operato del presidente al netto di quello di disapprovazione, basato sui valori pubblicati da Gallup. Ottenuto il NAR, si moltiplica per 5 il tasso di crescita del trimestre economico precedente le elezioni, e dal numero ottenuto si sottrae 25 se, come nel 2008, un partito ha espresso il presidente per due mandati. Il valore ottenuto oscillerà tra +100 e -100. In caso di numero di segno positivo, il candidato del partito del presidente uscente avrà ottime probabilità di vittoria, mentre in caso negativo l'affidabilità del Barometro Elettorale degli ultimi 60 anni indica poche chance. Per fare due esempi: nel 2004 Bush aveva un valore di +13, e vinse con un margine di quasi tre punti percentuali. Nel 1992 il padre aveva un valore di -22.5, e perse di sei punti circa.

VALORE DI McCAIN: la formula non può essere calcolata correttamente ora, perchè l'andamento economico del secondo trimestre sarà pubblicato ad agosto. Comunque, basandosi sul valore del primo trimestre, si ottiene un EB pari a -63. Nella Storia recente, il candidato di un partito che aveva un EB appena maggiore o appena inferiore di -63 ha perso le elezioni di circa 10 punti percentuali, come successo nel 1952 e nel 1980.

giovedì 29 maggio 2008

Olè


L'(ex) idolo delle ragazzine, il portoricano Ricky Martin, ha annunciato il suo endorsement in favore di Hillary Clinton in vista delle primarie democratiche nel suo Stato natale, che si svolgeranno il prossimo primo giugno. Più confortante per la campagna della Clinton è il sondaggio pubblicato da El Vocero de Puertorico, che vede Hillary in netto vantaggio, circa 20 punti di vantaggio, tra i likey voters.

martedì 27 maggio 2008

Maybe We Could: Una Passeggiata

Mentre l'asfaltatura subita in Appalachia consiglia ad Obama un'improba cavalcata nel West contro John McCain, Rasmussen mostra come Hillary sarebbe competitiva in Kentucky(+9 su McCain), Stato vinto dal marito ma perso nettamente dai Democratici nelle ultime due presidenziali. Obama affonderebbe (-25), più o meno ai livelli di John Kerry nel 2004, che sfiorò il 40%. La campagna di Obama ormai non dice più che la mappa elettorale cambierà, perchè ormai pare chiaro che solo Hillary Clinton sarebbe stata in grado di modificarla. Con il compatto sostegno di donne, ispanici e classe media bianca delusa da Bush, Hillary il 4 novembre si faceva una tranquilla passeggiata verso la Casa Bianca.

domenica 25 maggio 2008

DRAFT MARK WARNER

Il mio candidato preferito per la Casa Bianca ritorna in gioco?






Per David Paul Kuhn il vice scelto da Barack Obama potrebbe essere Mark Warner, ex governatore della Virginia e mio candidato preferito per la Casa Bianca fino al 12 ottobre 2006, giorno del suo ritiro dalla corsa. Come sottolinea un'analisi del WP, in autunno "la madre dei Presidenti" coi suoi 13 Electoral Votes sarà up for grabs. L'ultimo democratico ad aver vinto in Virginia alle presidenziali è stato Lyndon Johnson, ma l'elezione consecutiva di due governatori e un senatore mostra come lo Stato abbia abbandonato la colonna dei Red per sfumare nel Purple. "Se Obama vuole vincere in Virginia, la scelta migliore è Mark Warner"afferma Larry Sabato, uno dei migliori politologi americani. Mark Warner sta correndo per il Senato, ed è il grande favorito per aggiudicarsi il seggio lasciato dal repubblicano John Warner. Mark Warner era ed è il miglior democratico per consenso e capacità di comunicazione con le aree periferiche e rurali degli US, il grande buco nero dove negli ultimi 40 anni sono affondate molte candidature dei Dems. Il ticket con Obama peccherebbe forse per esperienza nelle materie di sicurezza, ma almeno saremmo sicuri di avere il candidato giusto per il 2016(e anche per il 2012...)
Draft Mark Warner

Chez A-Democratrici:Citofonare McGovern


Se ti chiami Hillary Clinton, devi prendere 11700 voti per avere un delegato alla Convention. Se sei invece un tipo cool come Barack Obama, per avere un tuo rappresentante a Denver bastano mille voti in meno. Il genio di Jay Cost ci mostra il vero fallimento delle primarie dei Democratici. La causa: George McGovern, che concepì dopo le ferite sanguinolenti del 1968(morte di RFK, rottura col Sud, gli scontri alla Convention di Chicago) un metodo di selezione rivolto a tutelare le minoranze sociali ed etniche così come a dare maggior peso alla volontà degli attivisti rispetto a quella degli elettori. Da allora le primarie democratiche hanno sempre sovrarappresentato l'anima più radicale del partito, che ha avuto più candidature presidenziali rispetto alla corrente moderata, l'unica però ad aver vinto le elezioni, quelle vere di novembre. Nel 2008 è successa la stessa cosa. Per l'ennesima volta, il candidato democratico *migliore* è stato battuto da qualche migliaia di caucus-goers e dall'allocazione proporzionale dei delegati, da distribuire nei CD in numero spesso paritetico per favorire le minoranze etniche. McGovern ha ritirato il suo appoggio ad Hillary per appoggiare Obama: giusto per non smentirci sulle sue qualità.

giovedì 22 maggio 2008

Yes we can: sollievi demoscopici

Fioccano i confronti demoscopici tra McCain e Obama negli Stati che decideranno l’esito elettorale. Rasmussen Reports assegna il Colorado al candidato quasi certo dei Democratici, mentre vede crescere il vantaggio dell’alfiere del Gop in Florida. Particolarmente interessante è invece il sondaggio di Survey Usa sulla Virginia, che registra un convincente vantaggio di Obama su McCain, 49 a 41. Lo Stato noto come la madre dei Presidenti, perché ben 8 virginians sono arrivati alla massima carica istituzionale degli Usa, è transitato da ormai 40 anni nella colonna repubblicana. Neanche Jimmy Carter e Bill Clinton, gli unici democratici che riuscirono a vincere nel Sud, avevano conquistato la Virginia nelle loro vittoriose cavalcate verso Pennsylvania Avenue. Kerry e Gore persero in Virginia con un margine di distacco di circa il 10% da Bush.

Obama, che qui conquistò una trionfale vittoria nelle primarie di metà febbraio, è in vantaggio grazie all’appoggio compatto del voto femminile, che gli mancava nell’indagine fatta sempre da Susa sulla contigua North Carolina. Il senatore dell’Illinois è in vantaggio in ogni fascia d’età con l’eccezione degli elettori più anziani, dove tracolla, mentre ottiene la maggioranza nell’elettorato che si dichiara indipendente e moderato, riuscendo a ripetere l’exploit di Jim Webb, il candidato democratico che grazie all’appoggio di queste fasce di votanti strappò qui in Virginia il seggio del Senato nelle midterm del 2006.La vittoria di Webb fu clamorosa: non solo permise ai Democratici di conquistare la maggioranza al Senato, ma eliminò dalla corsa alla nomination repubblicana il politico preferito da Bush e dall’establishment repubblicano, l’ex governatore e senatore dello Stato George Allen.

I dati del sondaggio mostrano Obama ottenere un confortante vantaggio tra gli ispanici, che comunque rappresentano solo il 4% degli abitanti. L’unica perplessità di questo sondaggio deriva dalla distribuzione geografica. Se Obama stravince nell’area settentrionale dello Stato, che è diventato sempre più democratica con l’espansione dell’area metropolitana di Washington Dc in questo territorio, perde nettamente nell’area appalachiana della Virginia, che si trova lungo le rive del fiume Shenandoah. Risultati coerenti sia con le elezioni del 2004 e soprattutto con le midterm del 2006.

La perplessità deriva dal brillante risultato ottenuto nell’area meridionale della Virginia, quella che si chiama Tidewater Region o Hampton Roads. McCain andrebbe peggio di George Allen, e Obama come Jim Webb. In questa parte dello Stato ci sono città popolose e democratiche come Norfolk City, ma nella zona è situata la più alta concentrazione mondiale di strutture e basi militari. Nel 2004 Bush vinse col 60% in alcune di queste contee dove vivono i membri dell’esercito statunitense, mentre Webb riuscì a battere di poco Allen. Webb è però un ex alto ufficiale che fu Segretario della Marina nell’amministrazione Reagan. Mi pare difficile che Obama possa ottenere un risultato migliore del suo, soprattutto se si confronta con un ex eroe della Marina come McCain.

UPDATE: Rasmussen registra 14 punti di vantaggio di Obama nei confronti di McCain in California, un dato in crescita rispetto all'ultima rilevazione. Il Public Policy Institute della California vede invece Obama a quota 54, comodamente in vantaggio rispetto al 37% strappato da McCain. L'ampio margine del senatore dell'Illinois deriva dal +20 tra gli indipendenti, e da un balsamico 69 a 20 tra gli ispanici. La Clinton si attesterebbe su valori più alti, ma tranquilliza il solido consenso dei latinos. Se la vittoria in California non è in discussione, il sostegno ispanico è assolutamente decisivo per gli Stati del West che saranno terreno di battaglia: Colorado, Nevada e New Mexico.

Maybe we could : Incubi demoscopici

Le indagini di SuSa su Missouri, California, North Carolina e New Mexico mostrano un dato coerente con il voto delle primarie. La debolezza di Obama tra ispanici e donne viene confermata, un limite che diventa decisivo in due Stati come NC e MO, vinti nel 2004 da Bush ma che potrebbero essere appannaggio di Hillary. L’inquietudine diventa alta - si parla comunque di sondaggi a 5 mesi dal voto, quindi solo indicativi – alla lettura delle indagini demoscopiche condotte da Quinnipiac University.

L’istituto ha sondato l’elettorato dei tre Stati che con ogni probabilità saranno decisivi per il raggiungimento di quota 270 EV, il lascia passare per la Casa Bianca, ovvero Florida, Pennsylvania e Ohio. Se la Pennsylvania, grazie all’integrazione dell’area di Philadelphia nell’agglomerato metropolitano di New York, è sempre più democratica, Florida nel 2000 e Ohio nel 2004 hanno assegnato la vittoria a Bush. Come ricorda il memo di Quinnipiac, nessun candidato ha vinto la Casa Bianca dal 1960 senza vincere almeno 2 di questi Stati.

Hillary Clinton vincerebbe contro McCain questi 3 Stati con relativa facilità: 7 punti di vantaggio in Florida e Ohio, ben 13 in Pennsylvania. Obama riuscirebbe a conquistare solo lo Stato di Philadelphia e Pittsburg in modo più affannoso(46 a 40), mentre perderebbe di quattro punti da McCain sia in Florida che in Ohio.

Le chiare vittorie della Clinton sono determinate dal voto femminile e dal sostegno maggiore dell’elettorato indipendente, che comunque preferisce McCain in ogni caso – più nettamente però se il candidato democratico è Obama.

Il senatore dell’Arizona mostra una prestazione davvero notevole: gli indipendenti disapprovano l’operato del presidente Bush in modo quasi unanime (circa il 20% di questo segmento elettorale nei 3 Stati è soddisfatto dell’attuale amministrazione, un valore estremamente basso). Ciò nonostante, McCain riesce a mantenere buona parte di questi elettori nel campo del Gop, migliorando nettamente anche la prestazione di Bush nel 2004. Allora la maggiore identificazione dei cittadini col partito repubblicano in Florida e Ohio aveva permesso la vittoria repubblicana, situazione che però nel 2008 difficilmente si ripeterà. La forza di McCain è confermata anche dal voto dei bianchi con diploma di laurea, che scelgono quasi in ogni caso il senatore dell’Arizona. Solo Obama in Pennsylvania riesce a batterlo di un punto percentuale, mentre la Clinton perderebbe con il medesimo margine.

Analizzando i dati dei sondaggi di Quinnipiac, si nota come le vittorie della Clinton in Ohio sarebbero determinate dai suoi ottimi risultati nel segmento elettorale dei lavoratori bianchi a bassa qualifica, e dal sostegno dei cattolici, categorie nelle quali Hillary prevale sia in Pennsylvania ma soprattutto in Ohio, dove avrebbe un vantaggio in gruppi sociali vinti da Bush nel 2004.

Il sondaggio di Quinnipiac, sul quale ulteriori approfondimenti seguiranno, mostra un dato inequivocabile: il carattere elitario e troppo liberal della candidatura di Obama rischia di alienare una parte di elettorato profondamente delusa da Bush ma non disponibile a votare per i sogni della sinistra americana. I cittadini che, come chiosò Obama un paio di mesi fa, si aggrappano alla religione e alle armi per superare le loro frustrazioni sono altamente preoccupati dall’attuale situazione economica e insoddisfatti delle risposte dell’attuale amministrazione repubblicana. Questi elettori sono però molto più propensi a prendere in considerazione la candidatura della Clinton rispetto a quella di Obama.

Il dato emerso dalle primarie di Ohio e Pennsylvania(e anche Florida, perché un milione e mezzo di votanti è un buon campione) viene così confermato: nelle due primarie svoltesi nei due Swing State più importanti le vittorie della Clinton erano la risposta alla domanda su quale candidato meglio potesse recuperare il voto dei delusi dell’amministrazione Bush. La matematica dei caucus smentisce questa risposta, e ciò può mettere in dubbio la conquista della Casa Bianca per i Democratici.

Maybe we could : Problemi demoscopici

Benchè alcuni istituti demoscopici abbiano smesso di effettuare rilevazioni sul nome di Hillary Clinton, Survey Usa e Quinnipiac University hanno pubblicato interessanti sondaggi su alcuni Stati che saranno decisivi per l’assegnazione della Casa Bianca, comparando in alcuni casi i risultati- assai diversi- ottenuti dai due sfidanti democratici ancora in corsa contro John McCain.

SuSa assegna la California, il più grande Stato che assegna ben 55 EV, ad Obama, che batte McCain di 8 punti percentuali, 49 a 41, con un decimo del campione indeciso. Nel 2004 John Kerry vinse distanziando Bush di 10 punti. Valori apparentemente simili, perché il sondaggio rileva alcuni mutamenti elettorali. Obama distacca nettamente McCain tra gli uomini, mentre il suo vantaggio è minimo tra le donne. Nel 2004 l’exit poll disegnava l’esatto opposto. Cambia anche la disposizione geografica del consenso: Obama stravince nella Bay Area, la zona di San Francisco e della Sylicon Valley, mentre si riduce il vantaggio democratico nell’area di LA, che da sola generò nel 2004 il distacco di un milione di voti che separava Bush dal vincitore Kerry. Il motivo principale è il vantaggio risicato di John McCain tra l’elettorato ispanico, 48 a 42, un ribaltamento rispetto alle posizioni del 2004, quando i latinos scelsero al 63% contro il 32% per il candidato democratico. Un dato in netta controtendenza anche col voto ispanico registrato nelle midterm ’06, che andò ai Dems in percentuali superiori al 70%.

Il calo di Obama nel voto latinos è confermato anche dal sondaggio di SUSA effettuato per il New Mexico, che vede il quasi candidato democratico appaiato a John McCain a quota 44. Il dato che più colpisce è la perfetta sovrapponibilità del voto ispanico tra le elezioni del 2004 e il sondaggio di Susa, che vede McCain a simili valori di consenso rispetto a Bush. Un dato che si scontra con il crollo repubblicano del 2006, quando nel New Mexico i Democratici trovarono un consenso pari all’80% dei cittadini di origine messicana o ispanica. Valori forse esagerati dalle dinamiche locali della corsa senatoriale in questo Stato. Nel West il consenso dei latinos verso i candidati democratici si attestavano a quota 72%. Le indagini di SuSa dimostrano un netto arretramento di Obama tra l’elettorato ispanico, un dato che conferma il voto delle primarie, quando il senatore dell’Illinois è stato costantemente battuto da Hillary in questo segmento etnico con un rapporto di 7 a 3. Altri due Stati sondati da Survey Usa, North Carolina e Missouri mostrano ulteriori sorprese, soprattutto perché l’istituto demoscopico ha effettuato un’indagine anche sul confronto, ormai (quasi)solo virtuale, tra John McCain e Hillary Clinton.

La sorpresa maggiore arriva dalla North Carolina, Stato che Kerry perse di circa 12 punti: Obama ha un distacco di 8 punti da John McCain, mentre la Clinton supera di 6 punti il senatore dell’Arizona. Un ribaltamento quasi clamoroso dell’esito delle primarie di un paio di settimane fa, dato che la netta vittoria di Obama nella North Carolina ha reso impossibile la rimonta della senatrice di NY. In NC il diverso andamento del confronto elettorale dipende dal voto femminile: le donne scelgono alla pari tra i due candidati nel caso siano uomini, ma con Hillary sulla scheda elettorale avverrebbe un plebiscito rosa: McCain è staccato di quasi 20 punti dalla senatrice di NY, che così recupera il netto svantaggio nel voto maschile. Nel 2004 Bush vinse in entrambi i generi, ma le donne rappresentavano il 60% del voto. Nel sondaggio di SUSA si nota inoltre come gli afro-americani, che hanno votato 9 a 1 Obama alle primarie, non avrebbero eccessivi problemi a sostenere Hillary, dato che la moglie di Bill arriva al 74% del voto nero, mentre il senatore dell’Illinois si trova all’89%.

Anche nel Missouri, il bellwether della politica americana, la sconfitta democratica con Obama si tramuterebbe in successo con la Clinton sulla scheda elettorale. Vittoria e sconfitta nel margine di errore statistico, perché McCain contro il senatore dell’illinois si trova al 48% contro il 45%, mentre scende al 46% contro Hillary, che vince di due punti. Anche nel Missouri la vittoria della Clinton sarebbe determinata dal voto femminile, dato che il vantaggio di 4 punti percentuali di Obama diventa un margine di 19 con Hillary. Nelle presidenziali del 2004 Kerry perse il voto femminile di 9 punti nel Missouri, determinando così la sconfitta di 53 a 46 nello Stato che ormai da un secolo sceglie il candidato che poi diventa il presidente. Nelle senatoriali del 2006, elezioni decisive al fine della maggioranza in Senato, la candidata McCaskill vinse proprio grazie al voto delle donne del Missouri. Rispetto al 2004 Obama e la Clinton migliorano il proprio risultato nelle aree rurali e urbane dello Stato, coerentemente all’avanzamento della McCaskill, mentre il voto afro-americano in Missouri è simmetrico a quello della North Carolina.

mercoledì 21 maggio 2008

Maybe we could : Lo stesso risultato di Kerry

Le contee del Kentucky vinte da John Kerry nel 2004 sono state tutte stravinte da Hillary. Dove Kerry ha ottenuto il miglior risultato, Elliot, Floyd e Knott County, Hillary vince con il 90% dei voti, Obama non arriva neanche al 10%. Da quando il senatore dell'Illinois è diventato il favorito per la nomination, dopo il suo trionfo nel Wisconsin, Obama ha vinto 4 primarie contro le 7 di Hillary. Obama ha vinto in Vermont e Oregon, i due Stati con l'elettorato bianco più progressista d'America, e in North Carolina e Mississippi, dove il plebiscito afro-americano ha deciso il risultato. In tutti gli altri Stati, la vittoria della Clinton è stata sempre limpida, se non trionfale nelle zone dell'Appalachia. Nelle primarie non vincolanti, cioè senza assegnazione dei delegati, svoltesi in Nebraska Obama ha vinto di 2 punti percentuali, mentre nel caucus aveva staccato di oltre 30 la Clinton. Come nota Dick Bennett , il sondaggista di ARG, contrariamente al mito di Obama che porta al voto i delusi dalla politica, più è alta la partecipazione, più vince la Clinton, mentre il senatore dell'Illinois vince le competizioni a più bassa partecipazione. Survey Usa pubblica un sondaggio dove Hillary vince in North Carolina mentre Obama, che aveva trionfato alle primarie, si prende 8 punti percentuali da McCain. Nell'aggiornamento del collegio elettorale di Survey Usa, la Clinton batterebbe McCain 310 a 228, mentre il candidato repubblicano sconfiggerebbe Obama 285-253 a sondaggi attuali. Lo stesso risultato di Kerry contro Bush

L'Oregon sogna MLK, il Kentucky dice no al candidato democratico

Con i delegati acquisiti nelle primarie del Kentucky e dell’Oregon, Barack Obama ottiene un distacco ormai incolmabile nel calcolo dei delegati elettivi. Il senatore dell’Illinois riesce a vincere in modo convincente in Oregon, ma i 35 punti di distacco dalla Clinton in Kentucky incoraggiano la senatrice di New York a proseguire la sua corsa fino alla conclusione del ciclo delle primarie che si terrà il 3 giugno.

Le elezioni nell’Oregon, svoltesi tramite l’invio di schede di elettorali per via postale, consegnano un netto successo a Barack Obama, che trova nello Stato con l’elettorato più progressista degli Usa un ambiente a lui perfettamente idoneo. Le primarie di questo Stato passarono alla Storia nel 1968, quando il senatore pacifista Eugene McCarthy sconfisse per la prima volta un membro della famiglia Kennedy, Bob, in un confronto elettorale. Grazie al sostegno plebiscitario dei giovani e dei laureati, particolarmente concentrati nelle città di Portland e Eugene, il senatore dell’Illinois arriva oltre il 58%, mentre la Clinton vince nelle aree rurali dello Stato, tendenzialmente repubblicane, caratterizzate però da un elettorato democratico troppo esiguo per permetterle un recupero. I democratici dell’Oregon, i più spostati a sinistra rispetto alla media nazionale, possono così sperare di veder avverato il grande sogno che affascina una parte significativa anche se non maggioritaria dei progressisti statunitensi. Il 28 agosto, anniversario dello storico discorso di Martin Luther King diventato famoso come “ I have a dream”, alla Convention democratica di Denver un afro-americano sarà incoronato come il candidato per la Casa Bianca di uno dei due major parties americani.

Nelle primarie del Kentucky Obama ottiene però l’ennesima, sonora sconfitta nella regione dell’Appalachia. Rispetto ai 41 punti di distacco della contigua West Virginia, il senatore dell’Illinois viene battuto di oltre 35 punti percentuali da Hillary Clinton, vincendo solo in due contee, rispetto allo zero della WV, dove sono concentrate le due più grandi città del Kentucky, Louisville e Lexington, che ospitano entrambe una numerosa comunità afro-americana. Nelle aree rurali e nelle piccole città che costituiscono la gran parte del territorio dello Stato Obama affonda, sia nelle zone a prevalenza democratica che repubblicana. Nelle poche contee che nel 2004 vinse John Kerry, concentrate nelle zone più povere e collinari tipiche dell’Appalachia, Hillary Clinton arriva anche al 90%.


Obama ha sottolineato nell’usuale discorso post elettorale la maggioranza dei delegati elettivi da lui raggiunta, ma invece di rivendicare la vittoria ha preferito rivolgere parole di conciliazione verso Hillary Clinton, evidenziando comunque l’estrema importanza del risultato raggiunto. Se il 31 maggio il comitato regolamentare della Convention ammetterà le delegazioni di Florida e Michigan, come auspica Hillary che vinse in queste due primarie poi annullate, la soglia da raggiungere si innalzerà, e nelle primarie conclusive di Montana e South Dakota Obama otterrà con ogni probabilità la maggioranza che ieri sera ha rivendicato. Hillary spera invece che i superdelegati valutino come criterio più importante il voto popolare, dove la senatrice di New York, conteggiando i voti delle primarie annullate, potrebbe ancora vincere.

martedì 20 maggio 2008

SUPREMA IMPORTANZA


La Corte Suprema degli Stati Uniti sarà un tema centrale della prossima campagna elettorale. Il quotidiano più importante di Los Angeles, La Times, parla di due visioni opposte sulla più importante istituzione giudiziaria degli Usa che sarannodecisivo punto di confronto tra John McCain e Barack Obama. John McCain ha finora tenuto due importanti discorsi sulla sua proposta politica: oltre alla politica estera, il punto affrontato sulla politica interna è stata la Corte Suprema. Il presidente degli Usa ha il potere di nomina dei giudici, condiviso con il Senato che può confermare o bocciare la proposta presidenziale. La maggioranza repubblicana al Congresso ha permesso a Bush di alterare l'equilibrio politico della Corte Suprema grazie alla nomina di John G. Roberts e Samuel Alito, due giudici cattolici e conservatori. La nomina di Roberts a Chief Justice, il presidente della corte, è servita a mantenere la guida del massimo potere giudiziario in campo conservatore, dato che ha sostituito il defunto William Rehnquist. La nomina di Alito ha però permesso il rafforzamento del lato destro della Corte, perchè ha tolto al campo progressista un prezioso alleato come Sandra Day O'Connor. Il giudice O'Connor, nominata da Reagan all'inizio del suo mandato, si era progressivamente spostata dal fronte destro della Corte, tanto da diventare nei casi riguardanti i poteri federali in materia economica un pilastro stabile della maggioranza progressista, da sempre propensa ad aumentare il peso dell'amministrazione nelle regolazioni decise a livello statale. La O'Connor era diventata nel corso degli anni un giudice molto criticato dai commentatori conservatori, che vedevano frustrate dal suo operato nella Corte le rivendicazioni storiche dei repubblicani in tema di giustizia costituzionale, ovvero la riduzione dei poteri federali e il superamento della sentenza Roe vs Wade, che individuò una tutela costituzionale e dunque intangibile alla scelta delle donne di abortire. La O'Connor si ricordò comunque del suo passato repubblicano quando insieme a Rehnquist, Thomas, Scalia e Kennedy fermò il recount in Florida, assegnando de facto la Casa Bianca a George W Bush.

McCain, anche per tranquillizzare e motivare la base religiosa dei repubblicani, che dai tempi della Warren Court e da Roe vs Wade ha nella Corte Suprema il suo avversario principale, ha promesso di proseguire la politica di Bush sulle nomine giudiziare, appuntando alla Corte Suprema e alle Corti di distretto federali giudici strictly constitutionalists, che rispettano la lettera delle leggi e non le interpretano in relazione ai mutamenti della società. Obama ha invece calde parole per il giudice Earl Warren, il Chief Justice che con la sentenza Brown vs Board of Education avviò la fine della segregazione razziale. Il senatore dell'Illinois ha espresso apprezzamento anche per il giudice David Souter, che insieme alla O'Connor e in parte al giudice Kennedy costituiva il centro della Corte durante gli anni della Rehnquist Court. Nel prossimo mandato è possibile che il presidente nomini almeno un giudice: John Paul Stevens, ormai vicino ai 90 anni, potrebbe dimettersi dalla Corte, specie se ci sarà un presidente democratico. L'occasione è comunque fondamentale anche per i repubblicani: se il giudice Stevens si dimetterà, un eventuale presidente McCain potrebbe scegliere un giudice conservatore, assegnando al fronte destro della Corte, composto da Roberts, Alito, Scalia e Thomas, il membro decisivo per avere una maggioranza stabile.

lunedì 19 maggio 2008

Oregon e Kentucky

Domani si vota in Oregon e Kentucky, due primarie che potrebbero già determinare un primo esito in questa interminale corsa verso la nomination democratica. Al termine dello spoglio dei voti, Obama acquisirà molto probabilmente un margine di vantaggio irrecuperabile nel conteggio dei delegati elettivi. Un'ottima notizia per Obama, ma che suonerà in modo indifferente alle orecchie di Hillary Clinton, ormai orientata a giocarsi la carta del voto popolare, e confortata da alcuni sondaggi favorevoli in uno Stato decisivo per la Casa Bianca come l'Ohio. Il miglior modello di previsione che si trova su su blog americano assegna ad Obama una vittoria di 13 punti in Oregon, risultato molto probabile. Nello Stato che si affaccia sul Pacifico, città come Portland o Eugene sono vere e proprie roccaforti della sinistra più liberal degli Usa, un pò come nelle contigue Seattle o Olympia. I numerosi accademici e professionisti che adorano bere latte da Starbucks non potranno che scegliere per Barack Obama, ormai uomo dei sogni dei progressisti statunitensi. Anche la media dei sondaggi di RCP assegna una vittoria di simili proporzioni al senatore junior dell'Illinois. Benchè l'Oregon sia un Swing State, diviso plasticamente tra città progressiste, con la parziale eccezione di Salem, e comunità rurali conservatrici, sembra improbabile che Hillary possa recuperare al voto gli elettori più moderati dell'Oregon come fatto in altri Stati, dato che questi sono saldamente accampati sotto le tende del GOP. Nel 2004 gli elettori di Kerry in questo Stato erano i più spostati a sinistra, mentre quelli di Bush erano simmetricamente i più spostati a destra di tutta la Nazione. La Clinton dimostrerà invece la sua forza in Kentucky, ultima regione dell'Appalachia che andrà al voto. Siccome in questi territori Hillary ha sempre distanziato Obama di almeno 20 punti, è facile credere ai sondaggi che pronosticano un simile esito. Il Kentucky, Stato di medie dimensioni dotati di 8 EV, rappresenterà la classica occasione perduta se il candidato democratico sarà Obama. L'elettorato democratico è maggioritario, ma è orientato su posizioni moderate/conservatrici sulle tematiche di sicurezza e politica fiscale. Non casualmente solo due sudisti come Bill Clinton e Jimmy Carter lo vinsero, mentre candidati avvertiti come troppo liberal come Kerry o Gore furono sconfitti, nettamente, da Bush. Nel 2004 quasi un terzo degli elettori democratici preferì il presidente repubblicano al candidato del proprio partito. Un simile destino colpirà Obama, mentre Hillary avrebbe potuto provare ad eguagliare i successi del marito. Penso che la Clinton dovrà distanziare Obama di circa 200 mila voti in Kentucky per provare a tenere in vita il discorso del popular vote come criterio per la nomination. Risultato ambizioso ma non impossibile, visto quanto successo nella confinante West Virginia.

75 MILA


Obama a Portland. Prima del 13 e 14 aprile, le folle oceaniche erano un buon segno. In Oregon vincerà domani così come a novembre, ma per la Casa Bianca le prediche ai convertiti non basteranno.

venerdì 16 maggio 2008

NELL'ALTO DEI CIELI...

la fede viene prima del cambiamento. Sarà tornato sulla terra?

trovata grazie a camillo.

giovedì 15 maggio 2008

ANCHE IN NEBRASKA

Oltre al flop della WV, Obama ha ottenuto un risultato molto deludente nelle primarie del Nebraska. I delegati erano già stati assegnati nel caucus di febbraio, dove il senatore junior dell'Illinois aveva preso quasi il 70% dei consensi. Al caucus parteciparono meno di 40 mila elettori. Alle primarie di martedì invece 90 mila persone si sono recate nei seggi del Nebraska, e Obama ha strappato una deludente vittoria. E' finita 49 a 47, segno tangibile di una candidatura con molti punti deboli, anche nel West, dove in teoria il messaggio di Obama dovrebbe trovare maggior accoglienza rispetto all'Appalachia o alla Rust Belt.

mercoledì 14 maggio 2008

LA WEST VIRGINIA ASFALTA OBAMA

A tempo ormai scaduto, Hillary Clinton coglie nelle primarie della West Virginia il suo successo elettorale più netto. Trascinata dal sostegno di ogni categoria sociale, con l’eccezione dei neri che compongono una parte minima dell’elettorato, la Clinton sfiora il 70% e riesce a conquistare tutte le contee nelle quali si suddivide il piccolo Stato, noto per le sue colline e le miniere di carbone. Obama ignora il risultato, e inizia dal Missouri il suo confronto a distanza con il candidato repubblicano, John McCain, anche se le sue difficoltà con l’elettorato della classe media bianca sono ancora una volta confermate. La West Virginia è uno Stato tra i più poveri degli USA, dove prevale una popolazione prevalentemente anziana che vive in aree collinari e rurali, e dove il lavoro scarseggia e le difficoltà economiche sono maggiormente avvertite. Uno Stato che rispecchia fedelmente la demografia dell’elettorato pro Hillary Clinton, la quale ottiene una vittoria schiacciante, con un margine di vantaggio di oltre 40 punti percentuali, in un’elezione caratterizzata dal solito alto tasso di partecipazione. La moglie di Bill Clinton ottiene un successo importante, però incapace di cambiare la dinamica della corsa, dato il numero di delegati abbastanza esiguo della West Virginia. Hillary Clinton può però ancora confermare come lei sia la candidata migliore per recuperare al partito democratico il consenso della classe media bianca, il gruppo sociale che ha determinato più di ogni altro il lungo ciclo repubblicano che sembra concludersi nel 2008.

APPALACHIA OSTILE PER OBAMA

La West Virginia è l’unico Stato che si trova interamente all’interno dell’Appalachia, la regione montuosa che separa la costa atlantica dalle pianure del Midwest, e che si estende dai campi di grano della Pennsylvania fino al Delta del Mississippi. Questa regione, tendenzialmente povera e popolata di lavoratori non altamente qualificati, aveva già premiato la proposta di Hillary Clinton, che ha costantemente riscosso un consenso molto ampio nelle precedenti primarie degli Stati come Pennsylvania, Ohio o Tennessee, che si trovano in questa zona. Non casualmente, nello Stato più “appalachiano” degli Usa Hillary ottiene la sua vittoria più netta, trovando l’appoggio anche dei bianchi più affluenti, che in altre primarie avevano appoggiato Obama. Il successo schiacciante è stato rivendicato con forza dalla moglie di Bill, che ha affermato la sua volontà di restare in corsa fino alla fine, sottolineando come nel secolo scorso nessun democratico sia arrivato alla Casa Bianca senza vincere in West Virginia, uno Stato dove il 60% degli elettori è registrato come democratico ma che nelle due ultime presidenziali ha premiato, anche nettamente, George W Bush. Obama ha mostrato ancora una volta di essere un candidato respinto dai democratici bianchi più moderati, noti anche come Reagan Democrats, che avvertono il senatore dell’Illinois come un liberal troppo elitario che non si preoccupa dei problemi della classe medio bassa. Nel discorso tenuto ieri in Missouri, Stato simbolo del Midwest, Obama ha evitato ogni commento sulla sua sconfitta in West Virginia, ma ha parlato esclusivamente delle sue proposte economiche capaci di risolvere i problemi del caro vita e dell’assistenza sanitaria, temi molto avvertiti dall’elettorato e che hanno causato, insieme all’Irak, il crollo della popolarità della presidenza Bush.


Il lungo ciclo delle primarie si avvicina alla conclusione, e la penultima tappa si svolgerà in Kentucky e Oregon settimana prossima. Solo un doppio, e netto, successo della Clinton potrebbe riaprire una contesa che i Democratici giudicano già come finita. Nell’ultima settimana Obama ha superato per la prima volta la Clinton nel calcolo dei superdelegati, i dirigenti del partito che sono membri di diritto della Convention. L a demografia e i sondaggi prevedono un pareggio tra la Clinton e Obama, che dovrebbe vincere in Oregon con buon margine di vantaggio. L’annuncio della nomination da parte di Obama potrebbe arrivare già martedì, ma la probabile contestazione del risultato da parte della Clinton consiglia di aspettare la riunione della commissione regolamentare della Convention democratica, che a fine maggio deciderà il destino dei delegati di Michigan e Florida, Stati che hanno visto l’annullamento delle loro primarie per aver svolto le elezioni prima del SuperTuesday.

lunedì 12 maggio 2008

Il cuore dell’Appalachia, la West Virginia

L’area dell’Appalachia, la regione che prende il nome dalla catena montuosa che percorre l’interno della costa orientale degli Usa, è storicamente una delle zone economicamente più depresse degli Stati Uniti. E’ dalle comunità di queste piccole città collinari che i problemi legati al caro-vita e alla delocalizzazione dei posti di lavoro dell’industria tradizionale sono maggiormente sentiti. Quando i Democratici realizzarono il New Deal, l’area dell’Appalacchia diventò un bastione del partito erede di Andrew Jackson, il primo presidente che proveniva da questi territori. La rivoluzione reaganiana fu accolta con meno entusiasmo di altre regioni statunitensi, tanto che Bill Clinton riuscì a recuperare ai Democratici queste zone popolate da bianchi delle classi medio basse già a partire dal 1992.

L’Appalachia rimaneva però diffidente del partito Democratico versione metropolitana, e punì uno dei suoi figli, Al Gore, ex senatore del Tennessee, negandogli la presidenza con il sostegno concesso a George Bush, il cui conservatorismo compassionevole risuonò al meglio nelle aree immerse tra le montagne e le colline dell’Appalachia e le fabbriche in via di dismissione. Anche nel 2004 John Kerry faticò moltissimo nelle comunità rurali dell’Appalachia, dove Bush fu confermato con un consenso maggiore rispetto a quanto ottenuto 4 anni prima.




Come si nota dal ritaglio della mappa elettorale degli Usa, l’area dell’Appalachia, che corrisponde più o meno al territorio delimitato dalla linea nera, è dominata dal colore rosso, ovvero dalle contee strappate dal candidato dei Repubblicani. Le uniche eccezioni sono le contee più popolose, dove il maggior tasso di istruzione, e una maggiore concentrazione degli afro-americani, rende maggioritari i Democratici. L’unico Stato assorbito interamente dalla regione appalachiana è la West Virginia, piccolo Stato industriale nato dalla scissione dalla contigua Virginia ai tempi della Guerra di Secessione. In West Virginia i Democratici sono il partito di riferimento, tanto che ancora oggi sia il governatore che i due senatori appartengono a questo schieramento. Nelle ultime elezioni presidenziali la West Virginia è stata conquistata da George Bush, nonostante la metà dell’elettorato fosse registrata come democratica.


Nel 2000 Al Gore perse qui la Casa Bianca, perdendo una parte significativa del consenso che Bill Clinton aveva strappato sia nel 1992 che nel 1996. Nel 2004 Bush conquistò oltre il 56% dei votanti, una vittoria netta determinata dall’elettorato democratico più moderato, pari circa al 30%, che preferì il presidente in carica piuttosto che il candidato del proprio partito. Nelle elezioni di martedì 13 Hillary Clinton coglierà probabilmente la sua vittoria più netta. Gli ultimi sondaggi mostrano un vantaggio della Clinton tra i 30 e i 40 punti, margini che in realtà non sono nuovi, ma si sono palesati nell’intero ciclo elettorale.


Nelle primarie democratiche del 2008 il sentimento dell’elettorato dell’Appalachia è stato inequivocabile. A partire dal SuperTuesday, con il trionfo di Hillary Clinton nel Tennessee, le comunità rurali e periferiche di questa zona ha trovato nella moglie di Bill il proprio candidato preferito. Con l’eccezione di Hamilton County, dove oltre il 20% della popolazione è composta da afro-americani, l’intera area appalachiana dello Stato è stata dominata da Hillary, che ha vinto ogni contea con percentuali tra il 60 e l’80%.


L’immagine sopra mostra la cartina del Tennessee suddivisa per contee. Le contee rosse sono quelle vinte dalla Clinton, mentre quelle verdi sono state conquistate da Obama. La linea nera delimita l’area Appalachiana, dove si nota come Obama sia riuscito a vincere o a contenere il distacco nella Clinton solo in due contee, Hamilton e Knox, dove si trovavano due città di medie dimensioni, Knoxville e Chattanooga.

Obama andò molto male in questa zona anche nelle trionfali primarie della Virginia, allorchè vinse lo Stato con oltre il 60% dei consensi, ma dove perse in modo abbastanza netto il Nono distretto congressuale della Virginia, che è l’unico dove sono prevalenti le comunità rurali e bianche tipiche dell’Appalachia.

L’Ohio e la Pennsylvania, le due primarie che hanno consegnato due tra le vittorie più significative della campagna della Clinton, sono state decise proprio dalle zone dell’Appalachia. Nell’Ohio, questi territori sono stati conquistati da Hillary con oltre il 60% dei voti, e hanno permesso alla moglie di Bill di consolidare il margine strappato nelle aree manifatturiere della Rust Belt.
La zona dove si nota la maggior intensità del colore rosso è quella che si trova lungo le rive dell’Ohio River, uno dei maggiori corsi d’acqua che nascono sulle montagne dell’Appalachia


Allo stesso modo, l’estesa area rurale che compone il centro della Pennsylvania ha visto la netta prevalenza di Hillary Clinton, che è riuscita a vincere quasi tutte le contee di questa zona. L’eccezione è rappresentata da due contee in verde: in quelle città si trova l’università statale della Pennsylvania.

Il cerchio in nero corrisponde invece ad Alleghemy County, la contea dove si trova Pittsburgh, la più grande realtà urbana dell’Appalachia. In questa città Hillary Clinton ha perso solo di quattro punti da Barack Obama, una significativa eccezione rispetto agli abissali distacchi metropolitani che la senatrice di New York ha quasi costantemente subito in questo ciclo elettorale.

giovedì 8 maggio 2008

PE(r)NNacchia

Mark Penn, tra le altre cose l'uomo dietro al sondaggio americano di Berlusconi di 2 anni fa, è il vero colpevole del fallimento della campagna della Clinton. Pagato qualche milione di dollari , non sapeva neanche il regolamento delle primarie americane. http//www.time.com/time/politics/article/0,8599,1738331,00.html

"Clinton picked people for her team primarily for their loyalty to her, instead of their mastery of the game. That became abundantly clear in a strategy session last year, according to two people who were there. As aides looked over the campaign calendar, chief strategist Mark Penn confidently predicted that an early win in California would put her over the top because she would pick up all the state's 370 delegates. It sounded smart, but as every high school civics student now knows, Penn was wrong: Democrats, unlike the Republicans, apportion their delegates according to vote totals, rather than allowing any state to award them winner-take-all. Sitting nearby, veteran Democratic insider Harold M. Ickes, who had helped write those rules, was horrified — and let Penn know it. "How can it possibly be," Ickes asked, "that the much vaunted chief strategist doesn't understand proportional allocation?" And yet the strategy remained the same, with the campaign making its bet on big-state victories. Even now, it can seem as if they don't get it. Both Bill and Hillary have noted plaintively that if Democrats had the same winner-take-all rules as Republicans, she'd be the nominee. Meanwhile, the Clinton campaign now acknowledges privately."

PARI OPPORTUNITA'...



PER TUTTI SI SPERA... fare peggio della pollastrini sarà difficile. io preferivo la carfagna un pò più in carne. e fuori dal governo berlusconi. o meglio, non volevo il governo berlusconi.


Indiana e North Carolina danno la nomination a Barack Obama

Le primarie democratiche giungono ad uno snodo decisivo. A meno di improbabili e clamorosi eventi, la vittoria di Obama in North Carolina, insieme al quasi pareggio dell'Indiana, consegna al junior senator dell'Illinois la nomination. Hillary Clinton ha promesso di rimanere in corsa fino al 3 giugno, quando giungerà a termine il ciclo delle consultazioni nei 50 Stati statunitensi, e ha rivendicato il valore del suo successo in Indiana, ma lo svantaggio nel calcolo dei delegati è ormai incolmabile e il vertice del partito democratico è sempre più orientato verso Barack Obama.


Si ferma in Indiana e in North Carolina il recupero di Hillary Clinton. Dopo le infuocate polemiche del caso Wright, il reverendo amico e consigliere di Obama che ha accusato recentemente l'America bianca di aver creato il virus dell'Aids per sterminare gli afro-americani, e le nette vittorie di Ohio e Pennsylvania, Hillary Clinton riesce a vincere con solo 2 punti percentuali di vantaggio in Indiana, perdendo di quasi 14 in North Carolina. Risultati che favoriscono Obama, il quale vede l'aumento del suo vantaggio nel calcolo dei delegati elettivi, così come una sostanziale tenuta del suo elettorato. Il senatore dell'Illinois supera così le difficoltà iniziate due mesi fa con le sconfitte di Texas e Ohio, e si avvicina ulteriormente alla nomination per la Casa Bianca, con l'implicito appoggio dei vertici del Partito Democratico.

I NERI SPINGONO BARACK

La demografia della North Carolina favoriva Barack Obama, perché finora gli Stati del Sud erano stati vinti dal senatore dell'Illinois grazie al massiccio sostegno degli afro-americani, particolarmente numerosi nei territori ex Confederati. In North Carolina, il decimo Stato americano per popolazione, i neri hanno rappresentato un terzo dell'elettorato delle primarie, e hanno scelto Obama con una rapporto di 9 a 1 rispetto alla Clinton, proporzione molto simile a quella registrata nelle altre consultazioni. Hillary ha vinto nettamente tra i bianchi, in particolare nelle aree rurali dove il marito Bill si è speso con grande generosità in comizi tenuti anche davanti a un vecchio deposito ferroviario oppure in una veranda di un simpatizzante, ma il ritardo accumulato a causa del voto afro-americano è stato incolmabile. Le aree caratterizzate dalla presenza di persone con un livello elevato di istruzione, come le contee del Research Triangle Park, il più grande parco tecnologico degli Usa, o le vicine zone universitarie, sono state vinte come da abitudine da Obama, che ha confermato di essere il candidato che meglio sa parlare alle nuove generazioni appena uscite dai (oppure ancora presenti nei) college americani. Il turnout è stato molto elevato, tanto che sommando i voti raccolti da BO e HRC si supera di qualche decina di migliaia il milione e mezzo di consensi raccolto da Kohn Kerry nel 2008.
EQUILIBRIO IN INDIANA -
Dato lo svantaggio demografico in North Carolina, Hillary Clinton aveva puntato sulla classe media bianca dell'Indiana per poter affermare la sua maggiore eleggibilità agli occhi dei superdelegati, gli arbitri della partita in casa democratica. Nello Stato degli Hoosiers la moglie di Bill ottiene una vittoria dal margine molto risicato, che vede il suo solito predominio nelle aree rurali ma un forte recupero di Obama in alcuni gruppi sociali, in particolare cattolici e donne, che erano stato decisivi in Pennsylvania e Ohio. Hillary ha vinto in Indiana grazie all'appoggio degli over 65, particolarmente presenti nelle piccole città, mentre nelle aree suburbane la Clinton ha visto ridursi i margini che aveva conquistato nei vicini Stati della Pennsylvania e dell'Ohio. La Rust Belt diventa quindi meno ostile per Obama che recupera in particolar modo tra gli elettori democratici e gli iscritti ai sindacati, e il quasi pareggio dell'Indiana rappresenta in realtà una sconfitta per la strategia della Clinton. La mobilitazione dell'elettorato di Obama ha permesso, oltre che ad un importante "pareggio", un risultato eccezionale in termini di partecipazione alle elezioni primarie. I votanti complessisivi alle consultazioni dell'Indiana sono stati oltre un milione e 200 mila, quasi 300 mila in più rispetto al numero totale di consensi raccolto da John Kerry.

QUALE STRATEGIA PER LA CLINTON? - Hillary ha annunciato la volontà di rimanere in corsa, anche perché i prossimi Stati che andranno al voto, West Virginia e Kentucky,sono caratterizzati da una realtà demografica a lei molto favorevole. I risultati di ieri riducono però di molto i suoi margini di manovra, perché la nomination potrebbe essere strappata solo in caso di una sua vittoria nel calcolo del voto popolare, ormai molto difficile dato che Obama ha aumentato di quasi 200 mila voti il suo margine di vantaggio che era vicino al mezzo milione. Archiviata la partita per quanto riguarda i delegati elettivi, l'unica regola riconosciuta ufficialmente dal partito, le speranze della Clinton si concentravano sul supporto dei superdelegati. I membri di diritto della Convention che non si sono ancora espressi, circa 300, potrebbero capovolgere il vantaggio che Obama ha nei delegati elettivi solo in presenza di un successo di Hillary Clinton nel voto popolare e una provata "ineleggibilità" del senatore dell'Illinois. Ma la chiara sconfitta in North Carolina e il quasi pareggio dell'Indiana hanno tolto molti argomenti al campo clintoniano. E' dunque probabile che il supporto dei superdelegati nei confronti di Obama aumenti, confermando la tendenza già emersa nelle ultime due settimane. Un eventuale e massiccio spostamento dei superdelegati verso Obama renderebbe vana e inutile anche l'ultima carta di Hillary, ovvero la conferma delle delegazioni uscite dalle primarie di Michigan e Florida, annullate per aver infranto il calendario redatto dal Democratic National Committee.