I sondaggi nazionali per le elezioni presidenziali hanno mostrato risultati spesso contradditori tra loro, anche se ieri tutti i sondaggisti si sono messi d’accordo nell’indicare una chiara vittoria di Obama. La paura di perdere la faccia è sempre grossa. Io ne ho un pò meno e metto un'analisi sul voto di oggi che ho scritto un mesetto fa e poi ho aggiornato nelle ultime settimane.
4 anni fa il quadro delle indagini demoscopiche era molto più coerente di oggi. Le motivazioni sono sostanzialmente due: la prima causa è l’assenza del presidente, che toglie la possibilità di confrontare i dati di previsione delle elezioni con quelli di consenso sul suo operato. Nel 2004 Bush ottenne il 51% come tasso di approvazione nell’ultimo sondaggio Gallup, e alla urne la stessa percentuale si ripresentò. Il secondo motivo, più importante, è il profondo cambiamento demografico dell’elettorato. Le minoranze etniche rappresentano una fascia sempre più consistente della popolazione americana, e la loro maggior partecipazione altera le dinamiche di voto. Le persone di origine non europea sono già oltre il 30% della popolazione statunitense, e rappresentano ormai un quarto abbondante dell’elettorato. L’America è sempre meno bianca, e la magnitudo di questo cambiamento si manifesterà nel voto di oggi.
Nel 1988 Bush padre vinse di 19 punti nel segmento bianco del voto. Nel 2004 Bush figlio ottenne 17 punti più del suo avversario nella fascia più consistente della popolazione americana. Perché il trionfo di Bush padre, +7,5 su Dukakis, si tradusse nella significativa ma comunque più incerta riconferma di un presidente nell’ultimo secolo, +2,4 su Kerry? La risposta è la crescita del peso demografico delle minoranze etniche. Nel 1988 i bianchi rappresentavano l’85% dell’elettorato, nel 2004 invece il 77%. Questa percentuale è destinata a calare ulteriormente in questa tornata presidenziale, dato che ora ben il 40% degli under 30 statunitensi ha origini asiatiche, afro-americane oppure ispaniche. Nel 2004 Bush, che a differenza della volgata comune è sempre stato molto attento alle minoranze grazie anche alla sua provenienza texana, ottenne un grande risultato in questo segmento del voto dominato negli ultimi 20 anni dai Democratici. Gli ispanici per la prima volta votarono in maniera equilibrata, e il presidente repubblicano seppe fermare la costante emorragia del voto asiatico, che fino a Clinton era stato un bacino repubblicano.
1988: Bianchi 85% R+19, Neri 10% D+78, Ispanici 3% D+40
1992: Bianchi 87% R+2, Neri 8% D+73, Ispanici 2% D +36, Asiatici 1% R+24
1996: Bianchi 83% R+2, Neri 10% D+72, Ispanici 5% D+51, Asiatici 1% R+4
2000: Bianchi 81% R+13, Neri 10% D+79, Ispanici 7% D+27%, Asiatici 2% D +14
2004: Bianchi 77% R+17, Neri 11% D+77, Ispanici 8% D+9, Asiatici D+13, Altro 2% D+14
Il 2004 non è stato l’avvento di una nuova era repubblicana, come preconizzava Karl Rove, ma il canto del cigno della coalizione reaganiana che ha eletto i due Bush e pesantemente influenzato l’Amministrazione Clinton. I businessmen di origine anglosassone, gli evangelici, i white ethnics conservatori e gli antistatalisti sono ora minoranza demografica e sociale nell’America di oggi. I repubblicani, timorosi di perdere il loro primato nel voto bianco, hanno deciso di suicidarsi nella etnia caratterizzata dal più alto tasso di crescita demografica, come postulato a pagina 241 di Right Nation, il capolavoro dei corrispondenti americani di The Economist. John Micklethwait e Adrian Woolridge: “non c’è alcuna ragione per la quale i Repubblicani non possano crescere tra gli ispanici a meno che si sparino nei piedi supportando politiche restrittive sull’immigrazione”. Le parole dei due giornalisti inglesi suonano profetiche analizzando il voto delle Midterm 2006, quando per la prima volta da 20 anni i Democratici superano nettamente il 50% a livello nazionale.
2006: Bianchi R+4, Neri D+79, Ispanici D+39, Asiatici D+25, Altro D+13
L’avversione oltraggiosa dei Repubblicani alla sanatoria dell’immigrazione clandestina proposta dall’Amministrazione Bush in ottemperanza alla promessa elettorale (decisiva più che il 11/9?) del 2004 ha fatto crollare il Gop tra gli ispanici, mentre l’emorragia del consenso asiatico è ripresa. Il margine di vantaggio dei Repubblicani subisce una drastica riduzione anche nel voto bianco, ma l’intensità di questo movimento è molto più accentuata tra le minoranze etniche. La guerra in Iraq, la gestione dello Stato favorevole alle lobby e indifferente alle preoccupazioni della classe media, la crisi economica e l’insistenza repubblicana sui valori culturali e sociali dell’uomo bianco hanno scavato un fossato ormai invalicabile tra i conservatori e i nuovi gruppi figli dei fenomeni migratori degli ultimi decenni. Ogni sondaggio condotto su questo segmento elettorale composto da neri, ispanici, asiatici e nativi americani dopo il 2006 ha mostrato valori di consenso dei Democratici intorno al 70/75%. Di conseguenza oggi è lecito aspettarsi un voto simile a quello del 2006 da parte di asiatici e ispanici, mentre l’elettorato afro-americano dovrebbe sia aumentare di numero che incrementare le soverchianti maggioranza che regala ai Dems ormai da qualche decennio.
Previsione del voto di oggi su base demografica, senza bianchi
2008: Neri 12% D+90, Ispanici 9/10% D+35, Asiatici 2/3% D+30, Altro 2% D+18
Il segmento bianco del voto è più imponderabile, e gli stessi sondaggi di questi giorni rilevano margini molto differenti. Gli unici due elementi certi sono la riduzione della sua consistenza in rapporto all’elettorato complessivo e la vittoria di McCain. Le donne bianche e i cattolici mostreranno la diffidenza nei confronti dell’Amministrazione Bush rilevata 2 anni fa e grazie al netto incremento di Obama tra i laureati bianchi, che ancora nel 2004 preferirono il presidente uscente, il candidato democratico otterrà valori simili a quelli ottenuti da Clinton nel 1996.
Previsione voto oggi su base demografica
2008: Bianchi 73/4% R+7/10, Neri 12% D+90, Ispanici 10% D+35, Asiatici 3% D+30, Altro 2% D+18 Obama 52,8 +/- 1
Obama sarà presidente e per la prima volta entrerà alla Casa Bianca il candidato che perde in modo statisticamente significativo il voto del segmento più consistente della popolazione americana. Il vantaggio su McCain a livello nazionale renderà ininfluente il ruolo degli Stati in bilico, che saranno per lo più vinti dal senatore junior dell’Illinois. Gli ispanici e i lavoratori ad istruzione universitaria porteranno in dote il Colorado, una diversa coalizione di giovani, laureati, latini, afro-americani ed asiatici regalerà la Virginia e il Nevada, il trend nazionale determinerà il risultato pro Obama di Ohio e Florida, così come la Pennsylvania si negherà alle avances dei Repubblicani. Missouri e North Carolina termineranno sul filo di lana, mentre Georgia, Indiana, Montana e North Dakota salveranno McCain da una catastrofe elettorale. I Democratici domineranno Camera e Senato grazie all’incremento della loro base elettorale. Nel 2004 i repubblicani erano il 37% dei votanti, lo stesso valore degli elettori Dems, mentre nel 2006 i primi erano scesi al 36 e i secondi cresciuti al 38. Un piccolo scostamento, mentre gli indipendenti scelsero in maniera decisiva i candidati democratici. Oggi molti di quegli indipendenti si sentono o si sono registrati come democratici, e i repubblicani avranno almeno 5 punti di distacco nell’identificazione politica.
Nel 1972 George McGovern rivoluzionò la politica americana vincendo la nomination democratica grazie alla mobilitazione dei giovani pacifisti e all’introduzione dei caucus per il calcolo dei delegati della Convention nazionale. McGovern trasformò i Democratici nel partito delle minoranze sociali ed etniche, decretandone così la minoranza strutturale nell’America degli anni ’70, ’80 e ’90. Nel 2008 un figlio di un immigrato di origine africana ha strappato la nomination grazie ai giovani e al trionfo nei caucus, le assemblee degli attivisti che sono molto meno partecipate delle primarie. Ora esistono le condizioni demografiche e il clima politico perché il partito delle minoranze, donne e giovani, neri e ispanici, figli di immigrati di prima e seconda generazione, diventi la nuova maggioranza strutturale della politica americana.
Si compie così la rivincita di McGovern, il peggiore candidato democratico nella storia delle presidenziali.
L'America progressista deve ora trovare le sintesi politiche perchè la sua coalizione sociale ora maggioritaria possa dominare la politica americana: al momento sembra prevalere il pensiero in negativo rispetto ai postulati conservatori, ma ciò non basterà per generare una nuova era politica, simile a quella inaugurata da Roosevelt nel 1936 o da Reagan nel 1980. Il presidente Barack Hussein Obama avrà questo compito e l'eventuale successo della sua agenda determinerà il ciclo elettorale americano dei prossimi 20 anni.
martedì 4 novembre 2008
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1 commento:
Nessun rancore. La tua analisi è come al solito documentatissima. Solo che considera unicamente il fattore demografico che, soprattutto in queste elezioni, pesa, ma non è il solo. Tra poco butto giù anch'io qualche idea.
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