Su Repubblica di oggi il bravissimo Tito Boeri azzarda un improbo paragone tra le primarie svoltesi in Ohio a marzo e il voto sul segretario cittadino del Pd milanese avvenuto domenica scorsa. Il problema semantico diventa logico, come spesso accade.
A Milano hanno fatto un congresso di partito, dato che hanno votato i membri dei coordinamenti di circolo e i rappresentanti istituzionali del Pd della città meneghina. Un congresso con regole diverse dal passato, ma comunque una convenzione di militanti di un'organizzazione politica, chiamato con nome diverso. In Ohio invece hanno svolto elezioni primarie, che servono a selezionare i candidati alle cariche monocratiche(dal Presidente Usa in giù) alle consultazioni successivi, le elezioni generali che si sono svolte il 4 novembre.
Il bisticcio semantico è paradosale ma fondamentale: le primarie sono consultazioni che servono a scegliere candidati, non a eleggere cariche di partito. In America i cittadini non sono chiamati a votare su chi fa il chairman del livello locale o statale, ma su quale sia l'esponente del partito da candidare ad un determinato incarico istituzionale. In più, l'aspetto organizzativo della consultazione è curato dallo Stato, mentre i partiti determinano quale peso politico assegnare alle primarie. Di conseguenza, è davvero inopportuno paragonare, come fa Boeri, la partecipazione elettorale in Ohio con il voto milanese. Il problema semantico è che il Pd, quando sceglie i suoi dirigenti, svolge un'assemblea di elettori che in America è chiamata CAUCUS, non le primarie tano citate(a sproposito).
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venerdì 21 novembre 2008
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