Le primarie democratiche si sono concluse con il sovvertimento del pronostico iniziale e la sorprendente vittoria di Barack Obama. Il favorito della vigilia, Hillary Clinton, ha pagato errori organizzativi e strategici che hanno contribuito alla sua sconfitta. La senatrice di New York si è però scontrato con un nuovo spirito che ha pervaso il cuore e l'anima dei militanti democratici. Dopo un lungo ciclo di predominio conservatore, i cambiamenti demografici e la fallimentare esperienza di governo di Bush potrebbero permettere una trasformazione in senso progressista del baricentro della politica americana. Per questa sfida, l'unico candidato possibile era ed è Barack Obama.
8 NOVEMBRE 2006
Il successo della candidatura di Barack Obama nasce la mattina di mercoledì' 8 novembre, quando gli Stati Uniti vedono evaporare la maggioranza congressuale dei Repubblicani. Dopo 12 anni di vittorie politiche e indubbio dominio intellettuale, culminato nella rielezione di Bush nel 2004 su una chiara piattaforma conservatrice, le midterm del 2006 sanciscono la parola fine alle paure dei Democratici. Per la prima volta da decenni, il centro sinistra americano riesce a vincere un'elezione presentando un'offerta politica progressista, basata sul no alla guerra in Iraq e un rigetto della politica fiscale di Bush. La strategia di Rahm Emanuel, il principale responsabile della campagna elettorale, fu in realtà più articolata, perché i Democratici proposero candidati dal forte appeal conservatore nelle corse più incerte, come l'ex sottosegretario alla Marina di Reagan, Jim Webb, che strappò il seggio senatoriale in Virginia. La percezione complessiva dei militanti democratici indicava però l'avvento di una nuova era: come preconizzato da un saggio di Teixeria e Judis del 2002, il partito delle minoranze etniche e sociali avrebbe potuto trionfare in America per i cambiamenti demografici avvenuti nella società statunitense. L'analisi post elettorale confermarva questa previsione: nel 2006 i Repubblicani erano ancora maggioranza tra i bianchi, ma ispanici e afro-americani avevano consegnato la maggioranza del Congresso ai Democratici, che per la prima volta da 16 anni superavano la soglia del 50% alle elezioni per la Camera dei Rappresentanti.
IL PASSATO DEI CLINTON
Il nuovo scenario politico rendeva così antiquata la riproposizione del clintonismo, la corsa verso il centro politico dove abita la middle class americana delle periferie urbane e delle aree rurali. La candidatura di Barack Obama, improbabile per quanto potesse sembrare all'inizio per mancanza di spazi politici, con il centro occupato da Hillary e il lato populista presidiato da Edwards, trovava un formidabile propellente nel suo rifiuto della guerra all'Iraq. Il senatore dell'Illinois, il cui messaggio iniziale di superamento dei conflitti ideologici trovava scarsa eco nella base democratica, ha potuto così lucrare sul suo no all'invasione del Paese di Saddam Hussein pronunciato nell'ottobre del 2002, e ripetuto il giorno di inizio delle operazioni militari. Grazie a questa posizione, il movimento giovanile di opposizione alla guerra ha trovato così il suo messaggero nelle forme dinoccolate ed eleganti di Obama. Grazie all'appoggio plebiscitario degli afro-americani, ed il rifiuto del ritorno clintoniano da parte delle fasce più colte ed affluenti dell'elettorato democratico si è assistito all'allargamento della coalizione sociale di Howard Dean, vittoriosa nel 2004 solo nei sondaggi pre caucus dell'Iowa. Una coalizione ancora minoritaria nella società americana, ma che potrebbe trovare il consenso necessario per spingere una nuova agenda progressista.
DAL BASSO VERSO L'ALTO
L'innovazione più importante realizzata da Barack Obama è stata la nuova organizzazione creata per condurre la campagna presidenziale. Obama ha ribaltato il classico schema verticale, preferendo un approccio buttom down che ha valorizzato le risorse, umane ed economiche, accumulate grazie all'entusiasmo suscitato dai suoi ripetuti passaggi nei vari territori della sconfinata America. L'apertura di numerosi uffici e punti di incontro negli Stati più ostili ai Democratici, una scelta in contrasto con la prassi politica tradizionale, ha generato il trionfo nei caucus che hanno reso irraggiungibile Obama nel calcolo dei delegati. Nelle assemblee degli attivisti la campagna del senatore dell'Illinois è riuscita a motivare un numero sorprendente di elettori democratici, così da surclassare la Clinton che colpevolmente ha trascurato queste consultazioni. Un successo organizzativo che però ha una motivazione politica: un nuovo approccio di rottura con la politica tradizionale, basata su una separazione verticale tra candidato e potenziale base elettorale. Grazie a questo, Obama può contare su un esercito di quasi un milione di attivisti, un movimento di sostegno ad un singolo politico mai visto prima nella politica americana e di dimensione tale da aver sovvertito i rapporti di forza all'interno dei Democratici. Il contrasto con la campagna della Clinton è emerso in maniera incredibile nella raccolta fondi. Mentre Hillary ha corteggiato i tradizionali finanziatori della politica americana, Obama si è concentrato su gadget e piccole donazioni, mobilitando un numero enorme di persone, oltre un milione e mezzo, e una quantità record di risorse, sfiorando i 300 milioni di dollari. Sfruttando le potenzialità di Internet e della rete dei simpatizzanti, e toccando un tasto che ha un'eco profonda nella base democratica, ovvero la rottura con i lobbisti e i potentati economici, la campagna di Barack Obama ha portato a compimento la rivoluzione che MoveOn e Howard Dean avevano solo prefigurato. Riportando il reperimento delle risorse tra le persone e non tra le società per azioni, la campagna del senatore dell'Illinois ha sovvertito un paradigma della politica americana, il predominio dei Repubblicani nella raccolta fondi. Anche in relazione a questa rivoluzione politica ed organizzativa, Obama ha rinunciato ai finanziamenti pubblici per non avere tetti di spesa negli ultimi due mesi di campagna elettorale.
VITTORIA INCERTA
La vittoria di Obama è stata una grande sorpresa, ma il modo nel quale è alla fine arrivata pone ancora dubbi sulle sue possibilità di successo. Quando la nomination del senatore dell'Illinois è diventata politicamente e matematicamente probabile, Hillary Clinton è riuscita a vincere il maggior numero di consultazioni. Inoltre, con un sistema di ripartizione dei delegati più simile al meccanismo elettorale delle presidenziali, ora ci sarebbe la prima donna a correre per la Casa Bianca. Obama, dopo le sonore sconfitte del SuperTuesday superate grazie ai trionfi dei caucus, si è spostato progressivamente a sinistra per sfruttare l'allocazione dei delegati basata sui distretti congressuali. Operazione riuscita per ottenere la nomination, ma che potrebbe rendere più difficile il raggiungimento del cuore dell'America. Gli Usa sono un Paese ancora conservatore, specie se relazionato con il panorama politico europeo, e la coalizione sociale allestita da Obama appare ancora minoritaria, come mostrato dai successi della Clinton durante l'ultima fase delle primarie. In una fase politica mai così favorevole ai Democratici, contrassegnata dal crollo del consenso nei confronti di Bush e dei Repubblicani, il centro sinistra americano ha scelto la sfida identitaria, potenzialmente perdente sul piano elettorale ma vincente in una prospettiva politica. Il partito delle minoranze candida così il primo politico afro-americano per la Casa Bianca: un passaggio storico, che ha paragoni possibili solo con le corse di Al Smith e John Fitzgerald Kennedy. Smith, il primo candidato di fede cattolica, nel 1928 subì una sconfitta epocale aggravata dalla sua religione, mentre nel 1960 JFK vinse anche grazie ad un consenso mai più raggiunto dai Democratici tra i cattolici bianchi. Obama ha mostrato in questo gruppo sociale una forte resistenza, così come la classe lavoratrice si è mostrata abbastanza insensibile al desiderio di change, culturale e politico, impersonato dal junior senator dell'Illinois.
La sfida di Obama ha dunque il sapore dell'epopea: mostrare come per la prima volta dal 1968 sia possibile creare in America una maggioranza di orientamento progressista. Le condizioni socio-demografiche sono presenti anche se ancora in fieri, così come lo scoramento nei confronti dell'attuale corso politico è enorme. Barack Obama potrebbe perdere queste elezioni se conducesse una campagna troppo spostata su temi liberal, per quanto in questo momento sia elettoralmente più rischioso proporsi come erede di Bush. Gli elettori democratici gli hanno affidato però un compito preciso: trasformare l'America proponendo un'agenda progressista, superando l'Eisenhower Republicanism che aveva contraddistinto l'Amministrazione Clinton. Il 28 agosto, l'anniversario del discorso "I Have a Dream" di Martin Luther King, un afro-americano riceverà per la prima volta la nomination presidenziale alla Convention di Denver. Il primo tassello di una nuova America sarà posto: il mosaico sarà completato se lo spirito democratico sarà diventato 40 anni dopo finalmente maggioritario.
giovedì 3 luglio 2008
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