Obama chiede la fine della violenta repressione contro i manifestanti di Tehran, ma non prende le parti tra Mousavi e Khamenei. All’alba di una possibile e non voluta rivoluzione, l’Amministrazione si barcamena tra il rebus dei derivati e la sua sfida più importante, la tutela universale della salute.
Dopo Il Cairo e l’apertura all’Islam, il voto fraudolento delle presidenziali iraniane accende il primo focolaio di una rivolta contro il regime dell’ayatollah. Per evitare il precipizio in Afghanistan, con i possibili drammatici risvolti in Pakistan e India, la nuova Amministrazione americana aveva aperto al dialogo verso Khamenei e Ahmadinejad, una linea diventata molto nebulosa e incerta dopo il caos seguito alle presidenziali.
CAUTELA PREVENTIVA – Le manifestazioni a favore di Mousavi che si susseguono nelle piazze di Tehran non sono state appoggiate da Obama, che però si è spinto a citare il simbolo della lotta afro-americana per il diritto al voto, Martin Luther King, nel chiedere la fine delle violenze contro i cittadini. Un intervento in linea con la cautela finora mostrata nell’affrontare lo scenario medio orientale. La politica estera di Obama, l’aspetto più apprezzato dall’opinione pubblica americana, porta avanti una linea pragmatica e moderata nelle svolte, al di là degli effetti speciali regalati dai comizi del presidente. Con un bilancio federale gravato da un deficit record, una recessione in pieno corso e due guerre da sostenere, l’Amministrazione preferisce glissare su nuove iniziative che potrebbero rivelarsi avventuristiche come un eventuale appoggio al fronte pro Mousavi. Alla Camera la legge di finanziamento alle due guerre attualmente in corso, Iraq e Afghanistan, è passata inoltre con una maggioranza molto risicata. Il testo era stato emendato al Senato con lo stanziamento al Fondo Monetario Internazionale sancito dal vertice del G-20 di Londra. L’ala liberal del gruppo democratico si è opposta a questo, preferendo un testo appositamente dedicato al FMI così da vincolarne le politiche e si è alleata con i repubblicani per bocciare la legge. Una liaison dangereuse che ha costretto la Casa Bianca a muoversi all’ultimo momento per convincere i parlamentari di maggioranza più scettici. Le legge è passata con 226 voti favorevoli contro 202 contrari, tra cui ben 32 democratici. Un ennesimo segnale d’allarme per l’Amministrazione, che non ha una maggioranza compatta in appoggio alla sua agenda. La Casa Bianca ha inoltre fatto pressione sul gruppo democratico alla House per temperare la risoluzione d’appoggio ai manifestanti iraniani, passata con un solo voto contrario, quello dell’isolazionista e libertario Ron Paul.
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mercoledì 24 giugno 2009
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