lunedì 30 novembre 2009
La Svizzera contro i (nuovi) minareti
domenica 29 novembre 2009
Obama risale sopra al 50%
La mancata cattura di Bin Laden
sabato 28 novembre 2009
Sondaggi regionali
PDL | 38,6 | |
PD | 29,7 | |
LN | 9,5 | |
IDV | 7,5 | |
UDC | 6,7 | |
D/MPA | 1,2 | |
S&L | 2,15 | |
COM | 2,7 | |
RAD | 0,7 | |
API | 0,5 | |
L'istituto demoscopico più affidabile, IPSOS, rileva i seguenti valori, non troppo distanti dalla mia ponderazione
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giovedì 26 novembre 2009
Meno bianchi, più giovani e più poveri al voto nel 2008
Ai bianchi Obama non piace
mercoledì 25 novembre 2009
Il probabile errore afgano
lunedì 23 novembre 2009
La Sanità e il voto per il Congresso
domenica 22 novembre 2009
Nessun climategate, il riscaldamento globale esiste
La scienza non è repubblicana.
John Fitzgerald Kennedy oggi
sabato 21 novembre 2009
I 3 senatori che mancano
Il Senato voterà sulla Sanità
venerdì 20 novembre 2009
Il disastro fiscale dei repubblicani conservatori
Notevole invece la somiglianza della situazione debitoria tra i repubblicani più o meno centristi (Eisenhower, Nixon) e i presidenti democratici.
Obama in Cina
No president is going to be able to lay down the law on human rights, exchange rates, or sanctions on Iran when China owns over a trillion dollars in U.S. assets, when the U.S. economy is on life support, and when the American military Is mired in two losing wars. Until we get our house in order over here, nobody should expect China to be especially responsive to our wishes or expect its leaders to view the "American model" as especially appealing. An wide-open marketplace of ideas hardly looks attractive when the result is the intellectual ascendancy of Glenn Beck and Rush Limbaugh. The follies of the past eight years were the greatest gift the United States could have given Beijing, and Obama's conduct in Beijing was the inevitable result
Sotto il 50
giovedì 19 novembre 2009
Tciket per l'euroscetticismo
La Sanità del Senato
mercoledì 18 novembre 2009
Luca Casarini, dal cannone al capannone
martedì 17 novembre 2009
Numeri tragici per Obama
It is most likely that the unemployment rate will peak close to 11% and will remain at a very high level for two years or more
La disoccupazione salirà all'11% e rimarrà a quel livello per 2 anni o più. I valori di Obama sono al momento positivi - oggi 3 sondaggi con tasso di approvazione al 56, 55 e 53% - nonostante un momento di crisi sociale così intensa, ma se avesse ragione Roubini sarà fin troppo facile prevedere gravissime difficoltà, i.e. sconfitte politiche ed elettorali, per l'attuale Amministrazione democratica.
Obama e gli Stati Uniti un anno dopo le elezioni
La Conferenza, organizzata in collaborazione con Ambasciata degli Stati Uniti d’America in Italia, Ministero Affari Esteri, Aspenia e Fondo per Studenti Italiani, si terrà al Centro Studi Americani di Roma e verrà trasmessa in diretta streaming. Sarà possibile seguire l'intero incontro a questo indirizzo
lunedì 16 novembre 2009
I numeri sbagliati di Veltroni
"Nel 2008 i riformisti hanno preso gli stessi voti della destra: mai accaduto prima nella storia d’Italia".
I numeri, nella politica italiana, possono essere stiracchiati da ogni parte, ma il dato offerto da Veltroni è semplicemente falso. I partiti cambiano ma se interpretiamo come elemento comune il posizionamento a sinistra del centro dello schieramento politico italiano, abbiamo la seguente situazione dal 1996 al 2008.
Nel 2008 la coalizione formata da PD, IDV e Radicali prese 13.686.501 voti. Il PDL 13.629.069.
Nel 2006 l'Ulivo, l'Idv e la Rosa nel Pugno ottennero 13.798.729 voti, contro i 13.756.102 di Forza Italia e AN. Nel 2001 Ds, Margherita, IDV e Radicali arrivarono a 13.818.919 voti, mentre Forza Italia e AN superarono di poco i 15. Nel 1996 i partiti alleati nella coalizione di Veltroni presero 12.678.252 voti, ai quali si potrebbe aggiungere il milione scarso preso dai Verdi, all'epoco molto lontani dalla sinistra radicale e soci fondatori dell'Ulivo. AN e FI ottennnero invece gli abiutali 13.582.640 voti.
Negli ultimi 12 anni le forze che Veltroni include nei riformisti hanno sempre preso gli stessi voti dei due partiti maggiori di centrodestra, poi riunitisi nel PDL, con l'unica eccezione avvenuta nel 2001.
domenica 15 novembre 2009
Clima meno freddo
Il voto dei bianchi europei negli Usa
La guerra eterna dei Neocon
Neoconservatives see war and death as good things... The world would be a better place if people looking for cheap thrills would stick to the black metal scene or maybe take up extreme sports rather than foreign policy punditry. But the point is that it’s extremely dangerous to take advice from people with this mindset—they’re not even trying to enhance the country’s security, they’re trying to embroil the country in wars.
venerdì 13 novembre 2009
Il PDL nella città di Cosentino e dei Casalesi
PDL 2009 : 59,8
PDL 2008 : 71,9
Ai tempi nei quali Cosentino militava in Forza Italia, il suo partito ottenne queste percentuali alle consultazioni politiche. AN prese circa il 9% in entrambe le occasioni. Molto alto il risultato dell'Udeur nel 2006, quasi il 15%.
FI 2006: 39,5
FI 2001: 49,5
mercoledì 11 novembre 2009
Democratici nei sondaggi
martedì 10 novembre 2009
Sanità a metà
Gop dominato dai conservatori
Stato | % di Repubblicani conservatori |
78 | |
77 | |
76 | |
76 | |
74 | |
73 | |
73 | |
68 | |
68 | |
67 | |
67 | |
67 | |
64 | |
63 |
L'Indipendenza ha un prezzo
lunedì 9 novembre 2009
20 anni dopo, Berlin è sempre più bella
La mia Regione è differente
La mia Regione è differente
In attesa che qualcuno si decida a individuare il candidato presidente del Pd e del centrosinistra da presentare alle elezioni della Regione Lombardia (che si terranno il 28 marzo: se andiamo avanti così, ci presentiamo giusto in tempo per le elezioni del 2015...), mi rimetto a fare il lavoro che mi piace di più. Lancio il progetto La mia Regione è differente, una sorta di grande primaria delle idee, di raccolta di spunti e di informazioni su quello che vorreste vedere in Lombardia, che avete visto in altre regioni italiane e europee e che vorreste fosse fatto anche qui. Le priorità della regione, dunque, a partire dalla 'A' di ambiente per arrivare alla 'W' di welfare, passando per la casa, la cultura, l'istruzione, il lavoro, la sicurezza e tutto ciò che ha a che fare con l'amministrazione regionale.
Quello che vi chiedo è un regalo, da recapitare quanto prima (diciamo prima della fine del mese di novembre) a questo indirizzo: blog@civati.it. Nel frattempo, scomoderò un po' di persone che "sanno le cose" e entro Natale completerò la raccolta, metterò in ordine gli argomenti e promuoverò una pubblicazione plurale all'inizio di gennaio. Per raccontare il nostro progetto partecipato per la Lombardia. Sarà il nostro piccolo contributo alla prossima campagna elettorale
Primo passo in avanti verso la riforma sanitaria
Il presidente Obama si è speso personalmente per far cancellare dal testo finale l’emendamento Stupak, unico modo per non far affossare alla prima lettura della Camera la riforma sanitaria. Ora si apre la partita più difficile, quella del Senato, dove si dovrà trovare una difficile mediazione con i centristi sulla creazione dell’assicurazione pubblica. Alla Camera Alta i voti saranno trovati, ma la legislazione sarà sicuramente annacquata nei suoi obiettivi riformisti, e trovare una mediazione tra i due testi nella Conference sarà un’impresa dove la Casa Bianca dovrà spendere tutto il suo capitale politico. Il primo passo è stato compiuto, ma l’approdo finale è ancora sconosciuto, e non è escluso che si possa giungere ad una soluzione così ricca di compromessi che tutti ne saranno scontenti. I liberal dovranno sicuramente ingoiare un’ulteriore rimodulazione dell’assicurazione pubblica verso il basso, tanto che lo stesso Obama si è premurato di rivelare il suo consenso verso la soluzione Snowe, la senatrice repubblicana che propone un meccanismo di introduzione della public option solo in caso di eccessivi costi degli operatori privati. Un “grilletto” perché scatti l’assicurazione pubblica che svuota però di significato la sua introduzione, oltre che ne dilata all’infinito il suo approdo nel mercato sanitario americano. Inoltre sarà molto difficile trovare un punto di incontro per la copertura economica per il generoso ampliamento dei sussidi Medicaid, perché la tassa prevista dalla legislazione della Camera è già stata bocciata dalla commissione Finanze del Senato. Obama dovrà spendersi come non mai per trovare una soluzione alle scollature del gruppo democratico al Congresso, le cui divisioni si sono manifestate nell’esame di una riforma così significativa. Per la prima volta dai tempi di Lyndon Johnson, anni ’60, uno dei rami del Congresso ha approvato un testo che amplia i diritti in materia sanitaria, mentre sotto l’Amministrazione Clinton la legislazione non uscì mai dalle commissioni. La tattica di Obama, contrapposta rispetto agli altri presidenti, di lasciare le mani libere alle Camere ha prodotto un avanzamento mai realizzato prima d’ora, ma ha al contempo palesato divisioni non sanabili con mediazioni soddisfacenti per tutti, come si è visto nel voto della Camera di ieri. La vera vincitrice appare Nancy Pelosi, che prima ha tenuto in vita la public option nel terribile agosto delle proteste conservatrici, e poi è riuscita con l’emendamento Stupak ad arrivare all’approvazione. Dopo l’introduzione delle limitazioni alle emissioni carboniche previste dal Waxman Merkley Act e la votazione sulla copertura sanitaria universale, la presidente della Camera dei Rappresentanti si è conquistato il ruolo di vero leader dei progressisti americani. Il “change” in cui si può credere indossa per ora solo la gonna. L’uomo chiamato a realizzarlo deve ora mostrare se è capace di portare quel cambiamento tanto declamato.
domenica 8 novembre 2009
La croce di Stupak
Il rutelliano Vernetti e la via bushiana al centro sinistra
Change has come to America
venerdì 6 novembre 2009
Jon Stewart deride Glenn Beck
The Daily Show With Jon Stewart | Mon - Thurs 11p / 10c | |||
The 11/3 Project | ||||
www.thedailyshow.com | ||||
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Il peggior numero per Obama
giovedì 5 novembre 2009
Predire il futuro
The results of the previous year's gubernatorial elections in Virginia and New Jersey did not predict the results of the midterm elections. Not only is the estimated coefficient for the Virginia/New Jersey election variable small and statistically insignificant, but it is in the wrong direction: the better Republicans did in Virginia and New Jersey, the worse they did in the subsequent midterm election
Niente di nuovo sul fronte americano
Le elezioni di martedì hanno reso più amaro il primo anniversario della vittoria di Barack Obama. Il presidente si è speso forse più di quanto sarebbe stato auspicabile – un errore già commesso poco tempo fa con il flop del tentativo olimpico di Chicago – e le sconfitte democratiche in Virginia e New Jersey , le due consultazioni più importanti, riportano sulle terra le supposte doti taumaturgiche del primo inquilino nero della Casa Bianca. Giovani e minoranze etniche, componenti essenziali della coalizione sociale obamiana, sono rimasti tranquillamente a casa, condannando così alla sconfitta Corzine e Deeds, le due vittime più significative della rimonta repubblicana. Una resurrezione però molto parziale, dato che si parla di elezioni dove ha votato poco più della metà degli elettori di un anno fa. Gli exit poll hanno illustrato dati già rilevati dalla gran parte dei sondaggi. Ad un anno di distanza, l’entusiasmo dell’elettorato democratico e la rabbia anti Bush e anti Gop degli indipendenti sono ormai archiviati. Il tasso di disoccupazione al 10%, i controversi salvataggi statali che hanno aggravato la situazione debitoria del governo federale e lo stallo di alcune riforme hanno ridotto il vantaggio dei democratici che aveva portato prima alla riconquista del Congresso e poi alla storica vittoria di Obama. Un fenomeno antico, che caratterizza il sistema politico statunitense. Nel dopoguerra, solo 2 volte il partito che esprimeva la Casa Bianca ha conquistato le elezioni di medio termine, in circostanze definibili come eccezionali. Il post 11 settembre che galvanizzò i repubblicani nel 2002, e la rabbia contro l’impeachment che portò alla tenue vittoria democratica nel 1998. E’ dunque probabile che l’anno prossimo si scriverà di una sconfitta liberal alle midterm, anche perché una maggioranza così ampia mancava al Congresso da oltre 30 anni. Sull’eventuale vittoria del Gop nel 2010 le elezioni di martedì non hanno però detto praticamente nulla. New Jersey e Virginia hanno proseguito la ormai ventennale tradizione che manda all’opposizione nello Stato il partito al potere a Washington, Dc. Più che indicative del futuro, le due consultazioni confermano tendenze già note dell’elettorato americano, la diffidenza verso l’eccesso di potere nelle mani di una singola formazione politica e le difficoltà degli incumbent in periodi di crisi. Perfino Bloomberg, che ha speso circa 100 milioni di dollari contro i neanche 10 del suo sfidante, ha rischiato di perdere un’elezione sostanzialmente abbandonata dai democratici. Gli exit poll hanno inoltre mostrato un discreto tasso di approvazione del presidente: 57% in New Jersey, dove il 20% di chi apprezza Obama ha votato contro il democratico, l’impopolare Corzine. In Virginia lo score del presidente si è attestato al 48, in un elettorato molto diverso da quello di novembre 2008, e la stessa percentuale, un quinto di chi approva l’operato presidenziale, ha votato per il Gop. Alle urne per le governatoriali la maggioranza arrideva però agli elettori di McCain, al 51% rispetto al 43% di chi aveva scelto Obama. Uno swing di 14 punti molto simile al margine di vittoria ottenuto dal repubblicano McDonnell, che ha ottenuto una vittoria così convincente da potersi immaginare una scalata alla politica nazionale. La rimobilitazione della base democratica sarà dunque essenziale per affrontare il giudizio di metà mandato degli statunitensi, solitamente severo. L’entusiasmo di alcuni commentatori repubblicani, giustificato solo per l’amarezza d i tonfi del 2006 e del 2008, è però molto affrettato. Nelle due suppletive per la Camera dei Rappresentanti i democratici hanno vinto, come era nelle aspettative in California, mentre a New York hanno strappato un seggio detenuto dal partito di Lincoln da circa 150 anni. L’eroe dei Tebaggers e dei commentatori FoxNews, il conservatore Douglas Hoffman, ha costretto al ritiro la moderata repubblicana Scozzafava, ma ha regalato il seggio ai democratici. Un esito sorprendente, poiché nell’ultimo decennio solo una volta nel 2001 il partito all’opposizione aveva perso un’elezione speciale della Camera. Una sconfitta che consegna a Obama e alla leadership congressuale un Congresso leggermente spostato a sinistra proprio quando arriva il momento decisivo della riforma sanitaria. Un democratico moderato ha sostituito un repubblicano centrista a New York, mentre in California un liberal ha preso il posto di una clintoniana. A conferma di risultati più variegati di quanto raccontato sui media, due referendum promossi dalla destra antistatalista in Maine e a Washington, simili nell’ispirazione alla celeberrima Prop 13 che lanciò Reagan, sono stati sconfitti nettamente, mentre lo Stato del New England ha bocciato ancora una volta i matrimoni gay. Considerando che in New Jersey i repubblicani hanno guadagnato solo un mandato all’Assemblea legislativa, rimanendo così in netta minoranza, e che in Virginia sono stati strappati solo 4 seggi ai democratici, nonostante la vittoria a valanga del ticket Gop, i veri vincitori appaiono i candidati governatori. McDonnell e – in misura minore – Christie hanno intercettato la mobilitazione dell’elettorato conservatore e la parziale disaffezione di quello moderato rispetto ai democratici, e più in generale rispetto ai politici al potere, basandosi su un messaggio pragmatico e non divisivo, tanto che lo stesso McDonnell si era perfino complimentato con Obama per il premio Nobel . Un messaggio non proprio coerente rispetto a quanto vuole la base conservatrice, che si innamora di politici, Palin prima e ora Hoffman, indigeribili per la maggioranza degli americani. Negli Stati Uniti si vince al centro, da sempre, e la tornata elettorale di ieri, quasi ossessiva nel rispettare la tradizione degli Stati chiamati al voto e il carattere locale di queste competizioni, lo conferma ancora una volta. Niente di nuovo sul fronte americano, e mai lo si sarebbe potuto trovare quando solo la metà degli elettori delle presidenziali si presenta alle urne.
mercoledì 4 novembre 2009
La coerenza della destra intellettuale
Wall Street Journal, 11/3/09:
Republicans Are Poised for Gains in Key Elections
Outcomes in New York, New Jersey and Virginia Are Unlikely to Forecast Much About National Races in 2010, History ShowsRepublicans appear positioned for strong results in three hard-fought elections Tuesday. But isolated, off-year contests aren't always reliable indicators of what will happen in the wider federal and state races held in even-numbered years.
Wall Street Journal, 11/4/09:
Republicans Win in Key States
A Republican sweep in Virginia and New Jersey on Tuesday shifted the political terrain against President Barack Obama only a year after his historic electionLa rivincita dei robot
Elezioni 2009: qualche chicca liberal
Un'altra storia che favorisce i Democratici
Chissà quale tendenza misteriosa estrapolerà da questa vittoria chi crede che in Virginia e NJ sia successo qualcosa di diverso dalla conferma della tradizione elettorale di quei 2 Stati.
Congresso (un po') più a sinistra
Quale storia si ripeterà?
C'è però un'altra analogia altrettanto valida. Nel 2001 i Democratici vinsero NJ e Va con margini simili a quelli ottenuti nel 2009, a Stati invertiti, eppure subirono una delle rarissime perdite di seggi al Congresso per il partito all'opposizione, resa ancora più amara dalla riconferma di Bush 3 anni dopo. Quale storia si ripeterà?
In breve
martedì 3 novembre 2009
Primi exit poll in NJ e VA
Tendenza nazionale
Prospettiva Midterm
Vincono i Repubblicani
lunedì 2 novembre 2009
Corzine vince nell'early voting
New Jersey al fotofinish
domenica 1 novembre 2009
Contano poco
Elezioni del 3 novembre negli Usa
Martedì 3 novembre ci sarà un mini Election Day con più di 40 milioni di americani chiamati al voto. Ecco le sfide più interessanti, che daranno un quadro più chiaro alle tendenze demoscopiche emerse nell’ultimo anno. I sondaggi rilevano una contrazione del netto vantaggio che ha portato i Democratici tra il 2005 e il 2008 a riconquistare con facilità Congresso e Casa Bianca e ad ottenere ampie maggioranze nelle assemblee legislative e nel numero dei governatori dei 50 Stati.
New Jersey
Lo Stato più popoloso ad andare il voto è il New Jersey. Stato incastonato tra la megalopoli di New York e l’area metropolitana di Philadelphia, la prima e la sesta città americane per popolazione, il New Jersey si è sempre contraddistinto per essere uno dei più importanti Swing State, tanto da essere conquistato nel ‘900 22 volte su 25 dal vincitore delle presidenziali. L’imponente crescita demografica delle minoranze etniche ha permesso continue vittorie dei Democratici, che hanno la maggioranza dei Congressmen da ormai 15 anni, che esprimono i 2 senatori del NJ da quasi 30 anni e che controllano circa il 60% dei seggi nell’Assemblea legislativa statale. Da 7 anni i liberal hanno conquistato anche la poltrona di governatore, a rischio come non mai nelle elezioni di settimana prossima. L’incumbent, Jon Corzine, ha vissuto un 2009 orribile, a causa della crisi economica e di alcuni scandali che hanno colpito la sua amministrazione. Attualmente la media Pollster delle opinioni favorevoli/sfavorevoli rileva Corzine sotto il 40%, un valore che significa sconfitta nelle regole della politica americana. La corsa del governatore potrebbe però essere salvata dalla provvidenziale candidatura di un indipendente, Daggett, un ex staffer del Gop dalla forte sensibilità ambientale. L’avversario repubblicano, Chris Christie, ha subito un drastico calo nei sondaggi, che lo rilevavano chiaro favorito alla fine dell’estate. Christie è stato US Attorney dello Stato per l’Amministrazione Bush, e l’eredità dell’ex presidente si è rivelata tossica per l’esponente repubblicano. Attualmente i sondaggi mostrano un esito molto incerto, e con un margine così risicato sarà decisivo lo sforzo del “get out the vote”, la mobilitazione dei propri elettori, che i due partiti metteranno in campo negli ultimi giorni. Il voto d’opinione condannerebbe Corzine, ma il profilo progressista dello Stato e il dominio democratico nelle aree più popolose del New Jersey potrebbero salvare il governatore che proviene da Goldman Sachs.
Virginia
La Virginia, così come il New Jersey, ha sviluppato negli ultimi decenni una tendenza che permette al partito fuori dalla Casa Bianca di vincere la carica di Governatore dello Stato. Se questo trend potrebbe essere bloccato da profilo liberal del NJ, la Virginia è uno Stato ancora lontano dall’esprimere una netta preferenza partitica. L’espansione dell’area metropolitana di Washingon Dc che si estende nella zona settentrionale dell’Old Dominion, ricca di giovani laureati e minoranze etniche, ha permesso ai Democratici di tornare competitivi in uno Stato dal profilo conservatore. Dopo anni di vittorie, che hanno portato due Dems al Senato e la maggioranza liberal nella delegazione della House, ora si prospetta il riscatto dei Repubblicani. L’Attorney General dello Stato, Bob McDonnell, guida i sondaggi con oltre 10 punti di vantaggio grazie a due fattori principali. Il primo è la forte mobilitazione dell’elettorato repubblicano, rinvigorito dall’opposizione a Obama, il secondo è la pessima campagna elettorale del candidato democratico Creigh Deeds. Attualmente le indagini mostrano come l’elettorato alle urne sarà molto più conservatore rispetto a quello che ha permesso la vittoria di Obama e di Mark Warner a novembre 2008 (uno swing di circa 12 punti a favore del Gop), non lasciando così alcuna speranza all’ex senatore statale, fortunoso vincitore di una primaria decisa dall’impopolarità dell’ex uomo macchina dei Clinton, Terry McAuliffe. La valanga repubblicana che si prospetta potrebbe anche portare alla perdita democratica del Senato statale.
New York City
Il sindaco della più grande città statunitense sarà ancora Michael Bloomberg. L’attuale primo cittadino della Grande Mela veleggia con un vantaggio a doppia cifra sul suo avversario democratico, Bill Thompson, il responsabile finanziario di NY City. Bloomberg, miliardario di simpatie liberal diventato repubblicano nel 2001 per succedere a Rudy Giuliani, ha abbandonato il Gop nel 2007 e correrà da indipendente per il terzo mandato, il primo sindaco ad ottenere questa possibilità. NY City è una città schierata coi Democratici, che contano su circa il 70% degli elettori registrati e dove Obama ha superato l’80% dei voti. I progressisti hanno ottenuto la poltrona di primo cittadino per circa 80 anni su 100 nel secolo scorso, ma dopo gli scontri etnici occorsi all’inizio degli anni ’90 durante il mandato di David Dinkins, il primo sindaco nero di New York, non sono ancora riusciti a ricomporre a livello cittadino la frattura tra l’elettorato afro-americano e le altre componenti della coalizione sociale democratica, molto più che maggioritaria nella quasi totalità delle competizioni elettorali. L’unica zona dove i repubblicani sono forti nella Big Apple è Staten Island, grazie al tradizionale supporto della comunità italo-americana. I nostri antenati scelsero il Gop all’inizio del secolo scorso per la forte conflittualità con gli immigrati di origine irlandese, che hanno dominato per più di un secolo la macchina elettorale dei Democratici newyorchesi. La più che probabile vittoria di Bloomberg, appoggiato dai repubblicani nonostante l’abbandono del partito, toglierà ancora una volta ai liberal il governo della più importante città americana.
Maine
Nel Maine si svolgerà un referendum sui matrimoni gay, ammessi nello Stato del New England da una legge approvata a maggio 2009. Ci sarà così una nuova consultazione a livello statale dopo la Prop 8 della California, dove vinsero gli avversari delle unioni omosessuali. I sondaggi rilevano una prevalenza di chi è contrario a bocciare la normativa, ma i margini sono comunque contenuti. Il Maine ha il classico profilo progressista che si riscontra nel New England, dove hanno sempre dominato i repubblicani moderati e dove lo scontro tra conservatori e liberal si è quasi sempre risolto a favore dei secondi in entrambi i partiti. Obama e la leadership congressuale democratica sembrano comunque non interessati a riproporre uno scontro di carattere nazionale sul matrimonio gay simile a quanto proposto dalla strategia di Rove ai tempi dell’Amministrazione Bush.
Tendenze nazionali
Il primo test elettorale dell’era Obama permetterà di valutare quanto è forte la mobilitazione dei due elettorati. I candidati democratici più importanti, Deeds e Corzine, hanno attuato tattiche molto differenti. Il primo, consapevole della natura conservatrice della Virginia, ha cercato di distanziarsene tra molte contraddizioni, mentre Corzine ha praticamente proposto il santino del presidente in ogni sua apparizione pubblica, unico modo per mobilitare l’elettorato democratico deluso dal suo governatorato. L’esito elettorale chiarirà un dato già noto, ovvero che per gli esponenti del partito che esprime il presidente è praticamente impossibile separare i propri destini da quelli dell’inquilino della Casa Bianca. A New York si svolgerà anche un’interessante elezione suppletiva per il 23esimo distretto dello Stato. Il collegio è di tradizionale appannaggio dei repubblicani, dato il suo carattere rurale, ma la successione del Rappresentante McHugh, entrato nell’Amministrazione Obama, ha scatenato una guerra fratricida nel Gop. Il democratico Owens correrà contro due esponenti di centro destra, uno appoggiato dai repubblicani, la moderata Scozzafava, l’altro dal Partito Conservatore, gemello newyorchese del Gop, Hoffman. La leadership nazionale del Gop si è spaccata, e l’eventuale tonfo di Scozzafava chiarirebbe come ormai a Nordest anche le ultime tracce dell’Eisenhower Repubblicanism sono state cancellate. Martedì ci saranno inoltre le elezioni per il sindaco di alcune tra le più importanti città americane, oltre a NYC. Atlanta, Boston, Houston, Minneapolis , Pittsburgh e Seattle voteranno i nuovi amministratori cittadini. I candidati favoriti o i sindaci uscenti sono democratici, mentre in alcune metropoli è prevista una consultazione ufficialmente non partitica.