L’aborto torna in prima pagina grazie alla imminente nomina di un giudice alla Corte Suprema, e ad un paio di sondaggi nazionali che rilevano per la prima volta una maggioranza contraria al diritti di autodeterminazione della maternità. Obama riceve i primi fischi all’Università cattolica di Notre Dame su un tema che ancora spacca l’America
Le donne in America possono ricorrere all’interruzione di gravidanza grazie ad una controversa sentenza della Corte Suprema, Roe v. Wade, che nel 1972 individuò una tutela costituzionale per l’autodeterminazione della maternità. La decisione della Corte Suprema affermava un diritto intangibile per il ricorso all’aborto nei primi tre mesi di gravidanza, ma lasciava spazio al legislatore per intervenire nella fase successiva, dato che dopo 3 mesi l’interruzione di gravidanza era consentita per la protezione della salute della donna, una formulazione molto vaga che dava ampi margini di manovra, parzialmente chiariti nel caso Planned Parenthood v. Casey del 1992, ai corpi legislativi federali e statali . Nel 2003 la maggioranza repubblicana approvò il divieto di aborto tardivo, sempre opposto da Clinton ma promulgato poi da Bush a un anno dalle presidenziali del 2004, una normativa poi confermata, con una maggioranza di 5 a 4, dalla Corte nel 2007. La mossa di Bush si rivelò decisiva per l’esito delle elezioni, perché grazie alla promessa di nominare giudici conservatori e antiabortisti alla Corte Suprema il presidente repubblicano riuscì ad ottenere la mobilitazione dell’elettorato più religioso, un fattore decisivo per la più risicata riconferma di un presidente negli ultimi 100 anni.
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