mercoledì 27 agosto 2008

Sondaggi e Stato della Corsa

Da quando ho aperto il blog ho pubblicato i risultati di quasi ogni sondaggio uscito negli ultimi due mesi sulla sfida Obama-McCain. Nei 10 giorni di vacanza ne è arrivata una messe tale che ha reso improponibile un loro recupero. Avendo in mente le ultime due presidenziali che ho seguito, non oso pensare a quante indagini demoscopiche usciranno l'ultima settima prima del voto. A fine ottobre 2004 uscirono anche 5 indagini in un giorno sull'Ohio, lo Stato più in bilico tra Kerry e Bush. Di conseguenza, non so bene come e quanti sondaggi riprenderò. Da ora i numeri si fanno seri, e il quadro non è positivo.

Non esiste nessun scenario politico-economico così favorevole ai Democratici. Presidente al secondo mandato, precipitato a livelli di impopolarità raggiunta prima solo da Nixon ai tempi del Watergate, andamento dell'economia non positivo, guerre impopolari che continuano, americani che perdono case e un gallone di benzina a 4 dollari. I sondaggi dovrebbe prevedere un'asfaltatura di McCain, che al contrario tiene e bene. Obama sconta una notevole difficoltà nell'elettorato bianco di orientamento moderato, fatto emerso prepotentemente nella lunga stagione delle primarie(Ohio, Pennsylvania e l'intera area appalachiana). Nel Midwest e nel West le cose sembrano andare meglio, però visto il crollo del Gop tra gli ispanici i valori di Stati come Nevada, Colorado o anche New Mexico non sono così positivi. Negli ultimi giorni i tracking di Rasmussen e Gallup hanno visto il sorpasso di McCain, un possibile effetto negativo della candidatura di Joe Biden. Una parte significativa dell'elettorato clintoniano si aspettava un gesto di riconciliazione, se non proprio la scelta di Hillary, e aver scoperto che Evan Bayh è stato depennato all'ultimo momento per la contrarietà di MoveOn e altri fenomeni della blogosfera non rappresenta certo un messaggio rassicurante sulla campagna di Obama. Ambizioso e con la sfrontatezza, e l'arroganza, tipica di Chicago, il team della nomination democratica punta sulla più grande mobilitazione progressista mai verificatasi in America. Alle primarie il piano, a sorpresa, ha avuto successo, ma le elezioni presidenziali non sono caucus. Al momento il gioco non sembra riuscire bene, e quanto meno con una disaffezione così diffusa rispetto ai Repubblicani al potere, un orecchio più simpatetico al ceto bianco delle suburbie sarebbe auspicabile. Elettorato che chiede chiarezza e semplicità, e non il Messia. Le elezioni non si vincono con la conversione dei cittadini alla causa progressista, ma con la definizione di un'agenda politica più credibile. C'è ancora spazio.

Nessun commento: