Tra un mese gli americani sceglieranno il loro presidente. Attualmente Barack Obama conduce le indagini demoscopiche con una media di oltre 6 punti percentuali, con sondaggi che variano da un vantaggio minimo di 3 ad un massimo di 11 punti percentuali. Quattro anni fa il presidente Bush godeva di un simile margine a suo favore, 5,7 nella media dei sondaggi dell’ultima settimana di settembre, ma il suo tasso di approvazione inferiore al 50% lasciava una possibilità di recupero a John Kerry, che infatti finì distanziato di circa 3 punti percentuali. Il voto popolare non decide però l’esito della corsa alla Casa Bianca. La Costituzione americana assegna al Collegio Elettorale il compito di eleggere il vertice dell'Amministrazione federale. Questo organismo è formato sulla delegazione al Congresso degli Stati. I più piccoli, che possono contare su un unico Rappresentante alla Camera oltre ai due Senatori, hanno dunque solo 3 Voti Elettorali, mentre lo Stato più grande, la California, somma 52 Rappresentati ai suoi 2 Senatori. Il vincitore del Collegio elettorale è il candidato che riesce a vincere in un numero tale di Stati capace di fargli superare quota 270 EVs. Nel 2004 il Collegio Elettorale fu vinto da Bush per 286 a 251. 1 Voto Elettorale fu espresso in favore di Edwards invece che per Kerry da un esponente del Minnesota. Nel calcolo del sito RealClearPolitics, basato sulle medie dei sondaggi condotti a livello statale, Obama conduce ora per 353 a 185. Ai Voti Elettorali conquistati da Kerry, il candidato democratico aggiunge gli EVs di numerosi Stati che sono in procinto di abbandonare la definizione di Red States. Al momento la campagna di McCain ha sospeso le attività in 2 Stati vinti da Bush nel 2004, Iowa e New Mexico, così come in Michigan, uno Stato popoloso che Kerry vinse con un margine di vantaggio minimo. Obama dichiarò all’inizio della sua avventura presidenziale di voler cambiare la mappa elettorale, sfidando i Repubblicani in Stati considerati loro dominio. Al momento la sfida sembra avere concrete speranze di successo, dato che in Virginia, Colorado, Nevada, Ohio, Florida, Missouri e perfino Indiana e North Carolina, luoghi che decretarono il trionfo di Bush nel 2000 e nel 20004, il senatore junior dell’Illinois guida la maggioranza delle rilevazioni demoscopiche. Dal 1984 ad oggi nessun candidato è riuscito a ribaltare una situazione di svantaggio nell’ultimo mese, ma la straordinaria novità di un afro-americano su una scheda elettorale per la presidenza potrebbe provocare risultati inaspettati.
LA STORIA CONTRO McCAIN
John McCain è da molti anni uno dei politici americani più conosciuti e popolari. Nel corso della sua attività al Senato McCain è diventato molto apprezzato per la sua capacità di lavorare oltre le linee di divisione partitiche, e il suo passato da eroe di guerra ha ulteriormente contribuito alla crescita della sua popolarità. Il senatore dell’Arizona ha però conquistato la nomination presidenziale nel momento più sfavorevole per un esponente dei Repubblicani. Nel dopoguerra solo una volta un partito ha conquistato un terzo mandato presidenziale, e ciò accadde nel 1988, quando Bush padre entrò alla Casa Bianca sulla scia del vasto consenso goduto da Reagan. Nel 1960, nel 1968, nel 1976 e nel 2000 vinse sempre l’esponente del partito che era rimasto all’opposizione durante il doppio mandato presidenziale. La “fatica” del terzo mandato è però il meno importante tra i fattori che rendono difficile la vittoria di McCain. Gli Stati Uniti stanno attraversando una delle crisi economiche più pesanti degli ultimi decenni: nel 1982 e nel 1992, allorchè ci furono trimestri in recessione, il partito che esprimeva l’inquilino della Casa Bianca subì un netto arretramento elettorale. Allo stesso modo andarono le elezioni che cadevano nel corso di una guerra lunga e impopolare, così che i Democratici persero anche a causa della missione bellica in Corea nel 1952 e per il sanguinoso conflitto del Vietnam nel 1966 e nel 1968. Il tonfo clamoroso dei Repubblicani nel 2006 fu indubbiamente favorito dall’ostilità dell’elettorato nei confronti delle operazioni militari in Iraq. Ma la peggiore ombra sulle speranze di McCain è rappresentata dal tasso di impopolarità di George W Bush, il cui operato è avversato da più del 70% degli americani. Quando il tasso di approvazione del presidente è scivolato sotto la soglia del 35%, il partito al potere è sempre stato estromesso dalla Casa Bianca: nel 1952, nel 1976, nel 1980 e nel 1992.
OBAMA, UNA NOVITA’ IMPONDERABILE
Nessun commentatore dubita sulla netta sconfitta dei Repubblicani alla Camera e al Senato. Le elezioni presidenziali sono però diverse, perché la personalità del candidato e il suo profilo sono tanto importanti quanto i suoi programmi, e ripetutamente una parte significativa dell’elettorato di un partito ha preferito votare per il candidato dell’altra grande formazione politica statunitense. La personalità di McCain, unita alle ferite della lunga stagione delle primarie democratiche, potrebbero rendere più incerto il successo di Obama, che ad un mese di distanza appare comunque come il più probabile, e logico, vincitore. La candidatura di un esponente afro-americano rappresenta una novità storica senza precedenti, e benché negli ultimi decenni molti esponenti di colore siano stati eletti alle massime cariche istituzionali, non è possibile stimare l’impatto di questo aspetto. Rispetto al 2004 si può comunque già prevedere che Obama riuscirà a migliorare nettamente la prestazione di Kerry nel voto dei latinos, la minoranza etnica demograficamente più importante. La campagna contro l’immigrazione clandestina condotta dai Repubblicani ha alienato le simpatie della comunità ispanica, che fu uno dei fattori chiave della rielezione di Bush. Le elezioni saranno decise dalle donne bianche di orientamento politico moderato che risiedono nelle periferie urbane e dal tasso di partecipazione dei giovani, che solitamente sono meno propensi a votare ma che hanno partecipato in numeri record alle primarie democratiche. Se Obama migliorerà i risultati di Kerry in queste due fasce di elettorato, come mostrato finora da tutte le indagini demoscopiche degli ultimi mesi, i Democratici torneranno alla Casa Bianca sulla scia di un probabile trionfo al Congresso.
domenica 5 ottobre 2008
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